STRATEGIE

Rete unica, Gubitosi: “Pronti ad aprire un tavolo con Open Fiber”

L’Ad di Tim: “Disponibili ad esplorare sinergie fino anche ad una possibile combinazione delle due infrastrutture”. L’altolà di Elisabetta Ripa (OF): “Disponibili ad accordi solo commerciali”. Si inasprisce la battaglia Elliott-Vivendi in vista dell’assemblea

Pubblicato il 31 Gen 2019

gubitosi

Tim apre a Open Fiber. In un’intervista al Corriere della Sera, Luigi Gubitosi, affronta il delicato tema della rete. Sulla rete di Tim “prima di parlare delle possibili soluzioni vorrei sedermi con Open Fiber per un esame approfondito della situazione esistente e delle opportunità che presenta- ha spiegato l’Ad – Qualsiasi discussione sul tema non può basarsi su opinioni ma su numeri, fatti e dati certi”.

Gubitosi ha sottolineato che “l’Italia ha poche risorse per ralizzare infrastrutture ed è in costruzione una seconda rete che si sovrapporrebbe a Tim. È opportuno massimizzare l’efficacia degli investimenti viste anche le dimensioni delle infrastrutture di cui il Paese ha bisogno”. Su alleanze per la rete, prosegue il capo azienda, “siamo pronti ad aprire un tavolo con Open Fiber con l’obiettivo di esplorare possibili sinergie, che possono andare da accordi commerciali, co-investimenti, fino anche ad una possibile combinazione complessiva delle due infrastrutture. È importante capire i valori in gioco”. Il tema del controllo della rete, spiega ancora Gubitosi, “verrebbe esaminato successivamente e ovviamente riguarda gli azionisti, il management potrà esprimere suggerimenti solo dopo tutte le analisi del caso”.

Al manager è arrivato subito l’altolà dell’Ad di Open Fiber Elisabetta Ripa che accetterebbe l’invito di Luigi Gubitosi ma solo per parlare di accordi commerciali. “Questa è la sola area in cui siamo disposti a collaborare – ha detto in occasione di un convegno della Fistel Cisl – Per altre forme di collaborazione sono gli azionisti che saranno coinvolti”.

Ieri è tornato a riunirsi il Comitato strategico di Tim per iniziare a discutere del piano industriale che l’Ad, Gubitosi, presenterà il 21 febbraio. Secondo indiscrezioni i consiglieri di maggioranza starebbero facendo pressing perché il manager alzi gli obiettivi di margine operativo lordo.

L’Ad incassa però il giudizio positivo dei sindacati. “Il rilancio di Tim nel ruolo di azienda strategica per il Paese è l’unica strada possibile e passa inevitabilmente anche dalla valorizzazione del lavoro – dice Fabrizio Solari, segretario generale della Slc – Siamo pronti a lavorare in questa direzione, ma va detto che è necessario anche un impegno forte del Governo dal quale aspettiamo da mesi una posizione definita”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom, che giudica positivo l’impegno del manager a rilanciare Tim. “Auspichiamo al più presto – sottolinea il sindacalista a CorCom – un incontro con l’Ad per un confronto di idee sul futuro piano industriale”. Sul tema scorporo Ugliarolo fa sapere che i sindacati sono totalmente contrari a “un’operazione di questo tipo che avrebbe impatti negativi non solo sull’occupazione e ma anche sulla tenuta generale di Tim- spiega – Per questo motivo guardiamo con attenzione a una possibile sinergia tra Tim e Open Fiber sul fronte infrastrutturale e di investimento che consentirebbe di dotare il Paese di una infrastruttura future-proof “. Ma su questo è necessario che anche il governo batta un colpo: “L’11 giugno – ricorda il numero uno della Uilcom – il ministro Di Maio ci aveva promesso un incontro per discutere del futuro di una delle più grandi compagnie del Paese, ma dopo 7 mesi nulla è accaduto”.

Ma Tim sta giocando anche la partita 5G. Sempre in tema di alleanze sarebbe in dirittura d’arrivo l’alleanza tra Tim e Vodafone sul 5G. Stando a quanto riporta il Messaggero, le trattative tra i due operatori telefonici sarebbero ormai vicine alla conclusione. Obiettivo: condividere l’utilizzo di ripetitori e torri radio, risparmiando.

Intanto Agcom ha dato il via libera condizionato al piano di decommissiong, cioè di spegnimento, di 6.500 centrali (su circa 10.400) di Telecom Italia. Il piano di ammodernamento della rete in rame, presentato nel 2017 dall’allora amministratore delegato Flavio Cattaneo, comporterebbe un risparmio di svariate centinaia di milioni (nell’ordine di 700 milioni, secondo le cifre che circolavano in azienda) tra minor costi per energia, manutenzione e real estate. Il disco verde dell’Autorità, che è arrivato nella delibera da 500 pagine sul mercato dell’accesso e la separazione della rete di Tim, è condizionato alla copertura alternativa in fibra che deve avvenire, per il Garante, 12 mesi prima dello spegnimento della centrale in rame. E questo, soprattutto, allo scopo di non danneggiare eventuali operatori alternativi nelle centrali aperte ai servizi di unbundling.

La decisione dell’Autorità, che già con una delibera del 2015 aveva dettato i tempi di preavviso per la dismissione delle centrali, si legge anche alla luce del percorso di innovazione del nostro Paese e degli obiettivi posti dall’Agenda digitale. Sulla proposta è ora in corso una consultazione di mercato che dovrebbe concludersi a fine febbraio. Una volta ottenuto anche il parere dell’Antitrust, l’Agcom metterà a punto un nuovo provvedimento. L’iter potrebbe concludersi a giugno.

Si inasprisce la battaglia tra Elliot e Vivendi in vista dell’assembela di primavera. È partita la lettera alla Consob con cui Vivendi accusa Elliott di voler abbassare il valore delle azioni di Tim. Al centro delle “nota informativa” – riporta La Stampa – su cui la commissione è chiamata a fare delle valutazioni è il “collar” usato da Elliott per proteggere l’investimento dalla caduta del titolo. Nello specifico socio francese ha messo nel mirino i due derivati che impegnano Jp Morgan a regolare per cassa la differenza tra il valore delle opzioni (0,81 euro) e quello del tiolo.

La Consob dovrà valutare se c’è stata o meno una manipolazione del mercato ovvero se il fondo Usa abbia spinto il tiolo al ribasso per approfittare del collar.

Intanto oggi Elliott ha venduto le azioni di risparmio che deteneva in Tim, pari a quasi 170 milioni di titoli, e ha cambiato i termini della copertura (collar) sul 4,9% del capitale di Tim. Il file depositato alla Sec non menziona infatti più la quota del 2,8% del capitale di risparmio mentre le opzioni sulle azioni ordinarie, che sarebbero diventate esercitabili a partire da febbraio 2019 sono state allungate nel 2020 e hanno prezzi in linea con gli attuali valori del titolo.

Il “collar” di Elliott continua a proteggere il 4,9% del capitale ordinario di Tim ma ora è esercitabile con date di maturazione (“expiration dates”) che oscillano tra il 29 maggio e il 20 settembre 2020. Cambia anche il prezzo di esercizio delle opzioni: Elliott ha diritto di vendere i 750 milioni di azioni ordinarie “coperte” alla controparte, che resta Jp Morgan, al prezzo di 0,4351 euro l’una mentre la banca ha diritto di acquistarle a 0,4809 euro. Il “vecchio” collar – che aveva un valore implicito di circa 240 milioni di euro in base alle quotazioni di Tim dei giorni scorsi – prevedeva che Elliott potesse cedere le opzioni a Jp Morgan al prezzo ben più alto di 0,81054 euro, con date di maturazione fissate al 5 febbraio e al 6 giugno 2019. Dal file della Sec emerge anche che è sceso il “purchase price” (prezzo di acquisto) della quota in azioni ordinarie. Nel file dell’aprile 2018, l’8,8% di azioni ordinarie era stato pagato complessivamente 1,2 miliardi di dollari. Nel file appena depositato, invece, la quota del 9,4% ha un “purchase price” complessivo di circa 842 milioni di dollari.

Per Vivendi Elliott “si sta comportando come un investitore puramente finanziario, sta utilizzando un approccio opportunistico per trarre vantaggio dalla caduta del 45% del valore delle azioni. Al momento, non esiste alcun piano industriale”.

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