“Quello che abbiamo fatto getterà le basi per avere un player unico per la connettività e la rete. Come Governo rispetteremo quello che abbiamo detto, ma sarà Tim a decidere cosa fare con la sua rete e quindi con la questione della rete unica da creare”. Luigi Di Maio, ministro allo Sviluppo economico spiega le intenzioni del governo in materia di infrastrutture, in occasione di un forum dell’Ansa. “Nell’epoca delle autostrade digitali come quelle materiali – ha ribadito – lo Stato deve essere protagonista, se si può aver un player unico per tutti i cittadini siamo ancora più contenti, ma deciderà Tim”.
Sulla questione rete unica interviene anche Fastweb. Nella costruzione delle reti infrastrutturali a banda ultra larga occorre “preservare la competizione, almeno nelle aree nere dove c’è mercato”, ed evitare dogmi sulla tecnologia da usare per portare la connessione veloce nelle case. E’ quanto chiede Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb, rispondendo a una domanda, nel corso della trasmissione “Circo Massimo” in onda su Radio Capitale, riguardo alla possibilità di scorporo della rete di Tim e, quindi, di eventuale fusione con Open Fiber con la creazione di una rete infrastrutturale unica per la banda ultra larga.
“Dal mio punto di vista – ha spiegato – la cosa importante più dello scorporo è che la competizione venga preservata. Ho sempre creduto nella competizione infrastrutturale e avere una rete unica nelle aree bianche (a fallimento di mercato, ndr) ha senso. Nelle aree nere avere due reti non significa inefficienza, ma garanzia che si continuera’ ad investire. Dal mio punto di vista lascio a Open Fiber e a Tim tutte le considerazioni del caso, ma venga preservata la competizione e no a dogmi su tecnologia”. Calcagno ha poi spiegato i vantaggi dell’utilizzo della tecnologia 5G che può aiutare a colmare il gap della copertura in banda ultra larga in Italia.
Intanto l’Antitrust boccia la nuova versione degli impegni presentati da Telecom Italia per chiudere il procedimento per abuso di posizione dominante nel mercato all’ingrosso e al dettaglio dei servizi a banda larga e ultralarga.
Il procedimento aveva avuto avvio il 28 giugno 2017 dopo gli investimenti in banda ultra larga progettati da Tim nelle aree bianche. Si trattava del piano Cassiopea, poi sospeso, che era stato voluto dall’allora Ad di Tim, Flavio Cattaneo. Successivamente l’Autorità aveva esteso il provvedimento all’abuso di posizione dominante nei servizi di rete per accertare “la strategia di pricing di Tim nel mercato wholesale”, e “l’utilizzo delle informazioni privilegiate relative ai clienti degli operatori alternativi sul mercato retail”.
L’Antitrust, in particolare, ha acceso i riflettori sull’ipotesi di compressione dei margini, condotta che si esplicita in una politica di sconti alla grande clientela per il servizio di accesso al dettaglio alla rete fissa, con effetti restrittivi della concorrenza. Il provvedimento dell’Antitrust si sarebbe dovuto concludere il 31 ottobre scorso ma l’Autorità ha deciso di prorogare la scadenza al 31 maggio 2019.
Quanto alla nuova serie di impegni rigettati, l’Antitrust scrive, tra i vari punti, che le proposte presentate da Telecom “contenute nell’impegno alternativo alla separazione societaria, non appaiono idonee a fornire delle garanzie strutturali rispetto alla parità di trattamento , posto che esse sono riconducibili essenzialmente a un ampliamento di strumenti in larga parte già adottati da Telecom Italia (ad esempio il modello di equivalence)”.
All’Antitrust Telecom Italia non ha presentato impegni che arrivano alla separazione della rete, in attesa della conclusione da parte dell’Agcom del procedimento sulla proposta volontaria di scorporo del network (che prevede fino alla separazione legale ma non proprietaria). Ma l’Antitrust non li ha ritenuti sufficienti.
Intanto si allarga la spaccatura nel cda di Tim tra i consiglieri di Vivendi, capitanati da Amos Genish, e i 10 indipendenti in quota Elliott, tra cui l’Ad Gubitosi e il presidente Conti. Il pomo della discordia stavolta – spiega Repubblica – è il nuovo piano industriale le cui linee guida saranno presentate domani dall’Ad nonché il budget.
A creare malumori anche il licenziamento di Amos Genish. Nei giorni scorsi, secondo Repubblica, l’ex Ad avrebbe ricevuto una lettera da Tim in cui si contestavano alcune mancanze nella sua gestione, mancanze tali da profilare gli estremi per una “giusta causa”. In base a questo Tim avrebbe deciso di non rispettare il contratto siglato con il manager israeliano, che prevede due annualità da versare in caso di revoca del mandato prima del tempo oltre una somma pari a 12 mesi di paga par mancato preavviso. Motivo per cui Genish intende fare causa a Tim per far rispettare il contratto.
Inoltre, secondo fonti vicine a Vivendi, nei prossimi giorni fondi con il 5% di azioni della compagnia scriveranno un lettera per chiedere un’assemblea per nominare revisori e rivedere la governance.