Il controllo della rete unica delle Tlc deve rimanere in mano a Tim. L’appello arriva da Asati, l’associazione dei piccoli azionisti, in vista del 19 dicembre quando è prevista la presentazione delle offerte dei fondi per l’acquisizione congiunta di Open Fiber.
“Con una certa apprensione – si legge nella nota – assistiamo da giorni a diverse dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa da autorevoli esponenti politici e manager volte a screditare la portata del progetto di costituzione di una rete unica nazionale sotto l’egida di Tim e a condizionare le negoziazioni in corso con i fondi infrastrutturali, che dovrebbero esprimersi martedì prossimo 19 novembre, avviate da Gubitosi e coperte da impegni alla riservatezza, peraltro sottoscritti anche da Open Fiber e dai suoi principali azionisti, Cdp e da Enel”.
Asati si riferisce, in particolare, alle posizioni espresse da Franco Bassanini, presidente di OF, “intervenuto più volte nel corso della settimana per rimarcare la sua contrarietà al controllo dell’infrastruttura di rete da parte di Tim e ha anche elaborato scenari su come strutturare una possibile combinazione tra Tim e OF”.
Preoccupazione anche per alcuni articolo di stampa sulle presunte preoccupazioni espresse da alcuni fondi infrastrutturali statunitensi in merito ai potenziali rischi Antitrust, derivanti dall’integrazione verticale in caso di combinazione delle reti e alla possibile perdita dei sussidi Infratel per la copertura delle aree a fallimento di mercato. Per Asati, l’integrazione verticale “non rappresenta una criticità di per sé, laddove sussistono i presupposti, come nel resto d’Europa, per un intervento regolatorio volto a garantire condizioni di accesso wholesale eque e non discriminatorie, tutelando la cosiddetta equality-of-input e output, e volte a favorire la concorrenza tra gli operatori”.
In tutti Paesi europea la rete è controllata dagli ex-incumbent (Telefonica in Spagna, Deutsche Telekom in Germania, Orange in Francia): un modello “con un’efficace regolamentazione – spiega l’associazione – che ha consentito per decenni di realizzare investimenti tecnologici fondamentali per lo sviluppo del Paese, favorendo nel contempo l’entrata di nuovi soggetti nel mercato”.
Secondo Asati affidare a un unico soggetto come Tim il controllo dell’infrastruttura consente “di massimizzare sinergie industriali e ritorni sugli investimenti facendo leva su un ampio ventaglio di soluzioni (rame, fixed-wireless-access, Fttc, Ftth e 5G) di cui Tim dispone in tutto il territorio nazionale, e di offrire la migliori tecnologie nelle diverse aree del Paese”.
“Il modello wholesale only ha consentito ad OF di ottenere un maggior punteggio nelle tre gare per le concessioni Infratel, unitamente ai forti sconti offerti da OF rispetto alle basi d’asta – evidenzia Asati – Va chiarito tuttavia, che questo status di operatore non verticalmente integrato non rappresentava tuttavia una discriminante o una pregiudiziale per poter partecipare alle gare Infratel e ottenere i sussidi in caso di aggiudicazione della concessione. Riteniamo quindi che con opportune interlocuzioni con le autorità regolatorie e con la Commissione Europea ci siano i presupposti legali per consentire a OF di non perdere i sussidi Infratel (circa 1,4 miliadi) in caso di un cambio di controllo e di una combinazione societaria con Tim”.
Asati conclude invitando “tutte le parti coinvolte nei negoziati con OF ad una maggiore responsabilità e a rispettare il vincolo di riservatezza sottoscritto”.
Sindacati sul piede di guerra
Sulle esternazioni riguardanti la vicenda Tim-Open Fiber sul piede di guerra anche Uilcom: “Mentre assistiamo al lavoro importantissimo messo in atto dall’Ad Tim Gubitosi e dal suo management finalizzato a dare un serio rilancio a tutto il Gruppo Tim, in Italia si continuano a fare dibattiti sul tema della rete in un’ottica penalizzante per Tim.; si continuano a dare soluzioni parziali senza mai aver speso una parola sulla privatizzazione sbagliata avvenuta in tempi in cui lo stesso Bassanini stava al Governo”, evidenzia il segretario generale del sindacato Salvo Ugliarolo. “Per quanto ci riguarda – prosegue Ugliarolo – la rete deve stare sotto il controllo di Tim e bene sta facendo Gubitosi a lavorare per unire le infrastrutture di Open Fiber con quella dell’operatore ex monopolista. Noi della Uilcom abbiamo sempre espresso la ns. contrarietà a scelte penalizzanti per Tim e, di conseguenza, per i suoi lavoratori che, purtroppo, ancora ricordano le scelte subite a causa della politica. Ci auguriamo – conclude Ugliarolo, che chi dovrà decidere tenga sempre conto delle ricadute sociali di certe scelte che, soprattutto in questo settore, andranno ad incidere più che mai nella vita dei lavoratori e dei cittadini italiani”.
Tim vola in Borsa
Intanto le azioni di Tim arrivano a guadagnare fino all’1,4%. Gli acquisti arrivano mentre gli operatori si interrogano sul destino della rete unica e le possibili sinergie che potrebbero derivarne per il gruppo del tlc. Il tutto alla vigilia della scadenza, fissata per domani, per presentare offerte non vincolanti da parte dei fondi infrastrutturali per l’acquisizione congiunta di Open Fiber e degli asset Ftth di Telecom.
Il dibattito sulla rete “è destinato ad intensificarsi” scommettono gli analisti di Websim, convinti che “la perdita del controllo della rete da parte di Tim e l’esclusione della rete in rame dagli asset conferiti in occasione di un’aggregazione con Open Fiber, potrebbero condizionare negativamente l’andamento del titolo”. Secondo gli esperti, invece, “l’integrazione verticale non rappresenta un problema, specie se accompagnata da un appropriato contesto regolatorio, volto a garantire condizioni di accesso eque ai concorrenti”.
Gli analisti di Arete, tornati da poco a coprire il titolo, esordiscono con una promozione a “buy” e un target price fissato a 1,01 euro. Il gruppo delle telecomunicazioni, scrivono in un lungo report “sta affrontando una tempesta perfetta che sembra riflettersi nel prezzo delle azioni” ma la creazione di una società “quasi monopolista” per l’accesso alla rete in fibra – nata dall’eventuale fusione di Open Fiber, Flash Fiber e gli asset di Tim – produrrebbe “6,7 miliardi di euro di sinergie stimate per gli stakeholder”. Tanto che gli analisti sono convinti ci sia “un’alta probabilità” che si trovi un’intesa entro il primo semestre del prossimo anno.