E anche Microsoft mette in standby la vendita di software per il riconoscimento facciale alla polizia Usa. Dopo Ibm e Amazon, l’azienda fondata da Bill Gates e presieduta da Brad Smith ha annunciato nel corso di una conferenza virtuale del Washington Post, di cessare le vendite ” fino a quando non avremo una legge nazionale basata sui diritti umani che governerà questa tecnologia”.
Prosegue così la “chiusura” delle aziende tecnologiche all’utilizzo da parte delle forze dell’ordine dei sistemi di facial recognition su cui pendono pesanti interrogativi di ordine etico. Nel mirino i bias cognitivi su cui sarebbe basata l’architettura degli algoritmi incapaci di “obiettività” nel riconoscimento dei volti. A farne le spese le persone di pelle scura, prevalentemente. Il rischio, secondo le tech company, è che i software possano essere utilizzati per invadere la privacy delle persone e colpire le minoranze.
La polemica arriva a ridosso delle reazioni scatenate dall’assassinio di George Floyd, contro cui sono state organizzate manifestazioni non solo negli Usa, ma anche nel resto del mondo.
Gli algoritmi che discriminano
Era stata una scienzata del Mit, Joy Buolamwini, a chiedere anche a Microsoft un passo indietro dopo gli stop arrivati da Ibm e Amazon. Secondo gli studi della ricercatrice il software utilizza criteri discriminatori sia sul fronte etnico che di genere.
Il “la” era stato dato ai primi di giugno da Ibm. La comunicazione era contenuta in una lettera al Congresso degli Stati Uniti firmata dal nuovo ceo Arvind Krishna. Ibm chiedeva anche alle autorità federali di potenziare gli sforzi per ottenere in America più giustizia ed equità contro ogni discriminazione razziale.
Krishna afferma che Ibm non offrirà più alcun software per il riconoscimento facciale e si oppone a qualunque utilizzo di tale tecnologia per scopo di sorveglianza di massa e profilazione razziale. Il ceo ha chiesto al Congresso di lavorare a nuove regole federali che rendano gli agenti della polizia penalmente responsabili per condotte contrarie alla legge.
Ibm non ha collegato la sua decisione ai fatti di cronaca, ma Krishna ha scritto ai parlamentari che “adesso è il momento per avviare un dialogo nazionale per definire se e come la tecnologia di riconoscimento facciale debba essere utilizzata dalle nostre forze di Polizia”.