L’economia delle piattaforme digitali è in rapida crescita. Oggi sono oltre 28 milioni le persone nell’UE che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali. Si prevede che nel 2025 arriveranno a essere 43 milioni. La stragrande maggioranza di queste persone sono veri lavoratori autonomi. Si stima tuttavia che 5,5 milioni di persone siano erroneamente classificate come lavoratori autonomi. Tra il 2016 e il 2020 le entrate dell’economia delle piattaforme sono quasi quintuplicate, passando da circa 3 miliardi di euro a circa 14 miliardi.
In questo contesto la Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure che mirano a migliorare le condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali e a sostenere la crescita sostenibile delle aziende
Le nuove norme garantiranno che le persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali possano godere dei diritti e delle prestazioni sociali loro spettanti. Esse beneficeranno inoltre di una protezione aggiuntiva per quanto riguarda l’uso della gestione algoritmica (ossia di sistemi automatizzati che affiancano o sostituiscono le funzioni dirigenziali sul luogo di lavoro). Un insieme comune di norme dell’Ue garantirà una maggiore certezza del diritto, consentendo così alle piattaforme di lavoro digitali di trarre pieno vantaggio dal potenziale economico del mercato unico, e condizioni di parità.
“Dobbiamo sfruttare al massimo il potenziale di creazione di posti di lavoro delle piattaforme digitali- commenta Nicolas Schmit, Commissario per il Lavoro e i diritti sociali – Ma dobbiamo anche fare in modo che si tratti di posti di lavoro di qualità, che non promuovano la precarietà, in modo che le persone che lavorano mediante tali piattaforme abbiano sicurezza e possano pianificare il loro futuro. La proposta della Commissione definisce criteri chiari per stabilire se una piattaforma è un datore di lavoro e quindi se alle persone che lavorano mediante essa spettano determinati diritti dei lavoratori e di protezione sociale. Il progresso tecnologico deve essere equo e inclusivo, per questo motivo la proposta riguarda anche la trasparenza e la sorveglianza degli algoritmi delle piattaforme”.
Pilastro del pacchetto è una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, che comprende misure volte a determinare correttamente la situazione occupazionale delle persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali e nuovi diritti per i lavoratori subordinati e autonomi per quanto riguarda la gestione algoritmica.
Contestualmente è stata approvata una comunicazione che definisce l’approccio e le misure dell’Ue sul lavoro mediante piattaforme digitali. Queste ultime sono integrate da azioni che le autorità nazionali, le parti sociali e altri soggetti interessati dovrebbero adottare al loro livello. La comunicazione mira inoltre a gettare le basi per lavorare a future norme globali per un lavoro di alta qualità mediante piattaforme digitali.
Infine un progetto di orientamenti che chiariscono l’applicazione del diritto dell’Ue in materia di concorrenza ai contratti collettivi dei lavoratori autonomi individuali che cercano di migliorare le loro condizioni di lavoro, compresi coloro che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali.
Cosa prevede la direttiva
La proposta di direttiva mira a garantire che la situazione occupazionale delle persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali corrisponda, a livello giuridico, ai loro effettivi contratti lavorativi. Prevede infatti un elenco di criteri di controllo volti a determinare se la piattaforma è un “datore di lavoro”.
Nei casi in cui la piattaforma soddisfa almeno due di tali criteri, giuridicamente si presume che essa sia un datore di lavoro. Le persone che lavorano mediante tali piattaforme godrebbero quindi dei diritti sociali e dei lavoratori che derivano dalla condizione di “lavoratore subordinato”. Per coloro che sono riclassificati come lavoratori subordinati, ciò significa il diritto a un salario minimo (laddove esista), alla contrattazione collettiva, a un orario di lavoro e alla tutela della salute, a ferie retribuite o a un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, alle prestazioni di disoccupazione e di malattia, nonché alle pensioni di vecchiaia contributive. Le piattaforme avranno il diritto di contestare o “confutare” questa classificazione, con l’onere di dimostrare che non esiste un rapporto di lavoro a loro carico.
I criteri chiari proposti dalla Commissione consentiranno alle piattaforme di beneficiare di una maggiore certezza del diritto e una riduzione dei costi delle controversie e faciliteranno la pianificazione aziendale.
La direttiva aumenta la trasparenza nell’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme di lavoro digitali, garantisce il monitoraggio umano del rispetto delle condizioni di lavoro e conferisce il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Questi nuovi diritti saranno concessi sia ai lavoratori subordinati sia ai veri lavoratori autonomi.
“Spesso le autorità nazionali hanno difficoltà ad accedere ai dati relativi alle piattaforme e alle persone che lavorano mediante le stesse – si legge nella direttiva – Ciò è ancora più difficile quando le piattaforme operano in più Stati membri, con conseguenti difficoltà a stabilire dove venga svolto il lavoro e da chi”.
In questo senso la proposta della Commissione porterà a una maggiore trasparenza per quanto riguarda le piattaforme, chiarendo gli obblighi esistenti di dichiarare il lavoro alle autorità nazionali e chiedendo alle piattaforme di mettere a disposizione delle autorità nazionali informazioni chiave sulle loro attività e sulle persone che lavorano mediante esse.
“Con un numero crescente di posti di lavoro creati dalle piattaforme di lavoro digitali, è necessario garantire condizioni di lavoro dignitose per tutti coloro che percepiscono il proprio reddito da tale lavoro – spiega Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale – La proposta di direttiva aiuterà i lavoratori autonomi fittizi che lavorano per le piattaforme a determinare correttamente la loro situazione occupazionale e a godere di tutti i diritti sociali che ne derivano. I veri lavoratori autonomi che lavorano per le piattaforme saranno protetti grazie a una maggiore certezza giuridica in relazione alla loro situazione occupazionale, e a nuove garanzie contro le insidie della gestione algoritmica. Si tratta di un passo importante verso un’economia digitale più sociale.”
“Le piattaforme di lavoro digitali svolgono un ruolo importante nella nostra economia in quanto apportano innovazione, creano posti di lavoro e contribuiscono a soddisfare la domanda dei consumatori – sottolinea Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo per Un’economia al servizio delle persone – Le persone sono al centro di questo modello imprenditoriale e hanno diritto a condizioni di lavoro dignitose e alla protezione sociale. Per questo motivo proponiamo oggi nuove norme affinché le piattaforme di lavoro digitali abbiano maggiori certezze di crescita e affinché siano tutelati i diritti delle persone che lavorano nell’economia delle piattaforme, in modo che tutti possano trarre il massimo vantaggio da questa opportunità.”
La proposta di direttiva sarà ora discussa dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno 2 anni di tempo per recepire le disposizioni della direttiva nella legislazione nazionale.
Per il ministro del Lavoro, Andrea Orlando la direttiva è “un risultato che accogliamo con soddisfazione, che recepisce anche le nostre richieste su un tema che rappresenta una delle priorità su cui siamo impegnati e sul quale continueremo a lavorare sia a livello nazionale che europeo”.
“Il pacchetto di misure approvato dalla Commissione Ue per una Direttiva che migliori le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori delle piattaforme digitali rappresenta un passo molto importante. Si tratta di una priorità che il nostro Governo è impegnato a promuovere a livello nazionale e in sede europea e sulla quale continueremo a impegnarci sostenendone una visione ambiziosa che garantisca tutele a tutti per il presente e il futuro – evidenzia – La proposta accoglie e dà supporto a due nostre richieste. Chiarire lo status dei lavoratori delle piattaforme, orientandosi a favore del riconoscimento di un rapporto dipendente, e dare centralità al tema dell’utilizzo di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale. Questi ultimi svolgono un ruolo cruciale nel definire, valutare e monitorare l’esecuzione delle prestazioni dei lavoratori su piattaforme e dobbiamo essere preparati ad adeguare l’apparato normativo e di tutele nella stessa direzione”.
“Bisogna promuovere diritti digitali collettivi adottando misure di garanzia e trasparenza per l’utilizzo di dati e di algoritmi per riequilibrare le asimmetrie del mercato del lavoro digitale. Per questo, sul fronte della regolazione algoritmica e il corretto utilizzo dei dati dei lavoratori, in Italia ci stiamo impegnando – sottolinea Orlando – a definire una proposta di legge per la trasparenza e la prevedibilità delle condizioni di lavoro. Ma soprattutto, stiamo avviando un percorso per capire come si può creare valore per tutta la società da questi dati. Il lavoro su piattaforme digitali è un’opportunità e può essere sostenibile solo se offre posti di lavoro di qualità e se rispetta i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Oggi in Europa si è aggiunto un tassello in questa direzione”.