Un chip con Gps incorporato da mettere all'interno di buste
dell'immondizia, bottiglie di plastica e cassonetti per
verificare se realmente i rifiuti a Roma seguono il percorso della
raccolta differenziata. Il Codacons si inventa 007 e lancia
un'iniziativa per controllare la tracciabilità dei rifiuti,
minacciando denunce penali in caso di trasgressione da parte
dell'Ama.
L'idea dell'associazione dei consumatori è quella di
inserire dei chip con rilevatori Gps nelle buste con della plastica
e poi gettarle nell'apposito cassonetto; una volta attivato, il
chip invierà degli sms per segnalare la sua posizione che potrà
essere rintracciata attraverso programmi di mappatura tramite
Google Earth.
"Salvo ulteriori proroghe – ha detto Carlo Rienzi, presidente
del Codacons – a giugno dovrebbe entrare in vigore il criterio di
tracciabilità della spazzatura (il Sistri ndr). Nell'attesa
noi metteremo alcuni di questi chip nei contenitori della plastica:
la differenziata dovrebbe andare nell'impianto di Rocca Cencia,
ma se così non fosse renderemo noto dove va a finire, valutando
eventuali responsabilità anche penali".
"Se non ci sarà il corretto smaltimento ci sarebbero numerosi
reati contestati, compresa la truffa aggravata – aggiunge Carlo
Rienzi, precisando che il monitoraggio andrà avanti per 30 giorni,
"per capire se anche la plastica viene raccolta una volta a
settimana".
Intanto, il Codacons ha lanciato una class action contro il Comune
di Roma, per i disservizi della raccolta rifiuti in città, con una
richiesta di risarcimento danni di mille euro per ogni romano.
L'azione è stata annunicata dopo il monitoraggio della
raccolta in diverse zone della Capitale, che secondo
l'associazione avrebbe dato esiti negativi.
Secca replica del consigliere Pdl di Roma Capitale, Federico Rocca:
"Il Codacons paghi l'Ama invece di fare falsi
moralismi".
"Il moralismo del Codacons – dice Rocca – ci lascia un po'
perplessi. A parte il non voler considerare gli sforzi posti in
essere da subito dall'amministrazione e i risultati raggiunti
nella riqualificazione delle periferie, abbandonate purtroppo per
anni a loro stesse, e il sempre maggior decoro assicurato a tutta
la città, diventa difficile accettare lezioni sull'ambiente da
una associazione che, dati alla mano, non ha saldato il pagamento
della tariffa all'Ama per due locali a Roma che ospitano
altrettante sedi dell'associazione, in viale Mazzini e in via
Andreoli".
"Verifiche condotte su questi immobili già dall'ottobre
2010 – spiega il consigliere – e per i quali già sono state
inviate lettere di sollecito dall'Ama proprio per recuperare i
mancati pagamenti. Invece di dare corso a iniziative
propagandistiche, dunque, consiglieremmo al Codacons maggiore
responsabilità e attenzione, magari rinunciando alle polemiche
strumentali a favore di un atteggiamento più costruttivo".