“Nell’assicurare la piena ottemperanza della Società alla disciplina che la qualificazione così effettuata comporta, il Consiglio di Amministrazione ha nondimeno confermato, a maggioranza, la volontà già annunciata di impugnare la decisione agendo presso le sedi competenti”. Con una nota stringata, il cda di Tim, riunitosi a Milano, ha deliberato di andare avanti sulla strada tracciata. Nonostante il pressing dei consiglieri indipendenti di Assogestioni (Ferruccio Borsani, Lucia Calvosa, Francesca Corneli, Dario Frigerio e Danilo Vivarelli) che avevano convocato il consiglio stratordinario per scongiurare il ricorso alla delibera della Consob che ha “addebitato ai francesi il controllo di fatto della società – Vivendi detiene il 23,9% del capitale – non si torna dunque indietro.
Alla vigilia del board aveva fatto sentire la sua voce anche Asati, per “sollecitare la dovuta attenzione da parte di tutti i componenti del Cda”, si legge nella missiva inviata – oltre che al Consiglio, al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ai ministri Carlo Calenda e Giancarlo Padoan e al Presidente della Consob Giuseppe Vegas. Asati, nello scagliarsi contro alcuni commenti – inclusi alcuni articoli di stampa – ritiene che non ci sia alcuna “rappresaglia” che preluda a una compensazione tra Italia e Francia (caso Fincantieri) e che “la Consob abbia agito egregiamente”. “La presenza di Vivendi – fa notare Asati -ha travalicato finora i compiti assegnati in una Società per azioni, con capitale diffuso, a una semplice attività di direzione e coordinamento”.
Con un’altra nota ufficiale Tim nella serata del 18 settembre ha smentito – e non è la prima volta – le voci sullo scorporo della rete che si rincorrono oramai da settimana e che hanno anche fatto oscillare il valore del titolo in Borsa. “In relazione a indiscrezioni di stampa, peraltro già smentite, Tim ribadisce che non c’è alcun progetto di scorporo o cessione della rete, che è un asset strategico per la Società e per il suo Piano Industriale. Qualsiasi speculazione al riguardo è quindi completamente priva di fondamento”.
A questo punto la palla passa al Governo che dovrà decidere se ricorrere all’esercizio del golden power e in quale misura, ossia se attraverso una multa – che potrebbe quantificarsi in circa 300 milioni di euro – oppure “costringendo” l’azienda a liberarsi degli asset strategici considerati in pericolo, in primis Telecom Sparkle. Il comitato di Palazzo Chigi chiamato a esprimersi sulla questione si riunirà – a meno di slittamenti – il 25 settembre.