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Riforma PA, Santoni: “L’Agenda digitale sia disegno organico”

Il presidente di Assinform: “Innovazione e digitalizzazione vanno di pari passo e devono essere parte fondamentale di una strategia di efficientamento e rilancio dell’intero sistema Paese”

Pubblicato il 03 Giu 2014

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Di riforma della PA si parla da sempre ed anche il Governo Renzi non poteva esimersi dal rimettere il tema al centro del dibattito politico; un dibattito con mille sfaccettature – organizzative, di spesa, di performance, di qualità dei servizi resi – non separabili dal sempre più urgente riassetto strutturale del nostro sistema Paese e dall’esigenza di rendere più efficienti le pubbliche amministrazioni e semplificare la vita dei cittadini e delle imprese.
In effetti, la riforma della Pubblica amministrazione è prerequisito di qualsiasi altra azione di modernizzazione del Paese e della stessa PA. I provvedimenti che più di recente hanno riguardato la PA (dal Salva Italia al Crescita 2.0) non hanno contemplato interventi strutturali sulla Funzione pubblica ed a fine marzo scorso, dei 55 adempimenti contemplati dall’Agenda digitale solo 17 sono decollati, mentre 21 hanno visto scadere i termini. È la conseguenza di un sistema pubblico rallentato da rigidità e frammentazioni: solo al Centro, un centinaio enti (di cui 35 tra organi costituzionali, ministeri e agenzie); e questo prima ancora di contare le direzioni interne a quegli enti e la PA Locale.


L’esecutivo per ora ha enunciato le linee programmatiche su diversi fronti, dalle risorse umane all’accorpamento di enti, al rilancio della digitalizzazione ed un ddl governativo è atteso per metà giugno. Non c’è ancora un documento su cui confrontarsi e che si colleghi con altri provvedimenti (dal Job Act all’Adi). Assinform può però già indicare, per quanto le compete, gli aspetti da non perdere di vista: 1) L’inscindibilità tra riforma della PA e digitalizzazione diffusa. Un fatto che non deve essere spiegato e che impone di rilanciare l’Agenda digitale come disegno organico e strategico, superando la tendenza a frammentarne l’attuazione e accentuando una sua guida forte in seno alla Presidenza del Consiglio; 2) L’esigenza di tenere o recuperare i tempi dei singoli programmi di innovazione, a partire dai progetti già definiti prioritari: fatturazione elettronica (attiva da giugno 2014 solo per gli enti centrali) per tutte le amministrazioni entro giugno 2015; identità digitale, evocata con il “pin” dal nuovo Governo, e l’Anagrafe unica, tutti essenziali per una PA integrata e per l’innesco di nuovi servizi digitali. E senza nulla togliere agli altri ambiti Adi, si tratta anche di spingere sui fronti della Sanità digitale (in particolare del Fse, con piani regionali attesi queste settimane e che devono trovare attuazione al più presto), e dei pagamenti elettronici alla PA, che dovrebbero interessare tutti gli enti entro fine 2015, anche se oggi appare difficile. A tutto questo si aggiungono altri due aspetti.

Il primo supera l’ambito Adi in cui pure è contemplato, ed è quello dell’alfabetizzazione digitale diffusa, che necessita di azioni più consistenti: tanto più i cittadini chiederanno servizi digitali, tanto prima la PA si riformerà. Il secondo attiene all’opportunità di far coincidere l’annuncio della riforma e la sua attuazione. Non farlo sarebbe esiziale: anche quello che oggi si muove, si bloccherebbe, a partire proprio dalla digitalizzazione della Pubblica amministrazione. E questo non deve proprio avvenire. Riforma e digitalizzazione della PA vanno di pari passo, possono e devono essere parte fondamentale di una strategia di efficientamento e rilancio dell’intero sistema Paese.

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