La pandemia di coronavirus ha reso le aziende molto più consapevoli del ruolo delle tecnologie digitali per il loro business. Senza la connettività e gli strumenti di collaborazione, il lockdown avrebbe reso praticamente impossibile lavorare, studiare, accedere a contenuti e servizi. Orange Business Services, fornitore di servizi digitali per aziende globali che vogliono far leva sui dati per innovare ed essere competitive, ha continuato ad affiancare i clienti nella sfida di affrontare prima l’emergenza e ora il “new normal”. Ne abbiamo parlato con Philipp Ringgenberg, capo della divisione European Digital Business Consulting and Innovation di Orange Business Services.
Ci è stato chiesto di aiutarli a portare avanti la loro strategia digitale, ma anche di garantire la sicurezza dei dati nel nuovo scenario caratterizzato dal lavoro da remoto, svolto da qualunque device e qualunque tipo di rete. Con i clienti lavoriamo anche sull’innovazione e la co-innovazione, che vuol dire capire come crescere nel tempo. Orange ha un’esperienza di scala internazionale e dialoga direttamente con il top management per portare agli executive visione completa sui trend globali attuali e futuri.
Vede lo smart working come sostituto del lavoro in sede?
No, certo. Sicuramente la pandemia ha costretto a una trasformazione verso il lavoro e i meeting da remoto o comunque più flessibili e verso il business online e ha accelerato la trasformazione digitale nel suo complesso. Molte aziende hanno virtualizzato la collaborazione e l’esperienza di lavoro e ne hanno misurato i benefici. Il lavoro remoto continuerà soprattutto per le aziende che devono far comunicare team sparsi in diverse sedi o regioni del mondo. Finché viaggi e spostamenti saranno limitati, sarà fondamentale agire sul piano della connettività e della collaboration. Ma non rinunceremo alle interazioni di persona, che rendono il lavoro di squadra veramente efficace. Senza contare che ci sono mansioni che non si possono svolgere a distanza, come quelle dei tecnici o degli operai. Ma anche qui è in corso una trasformazione digitale e grazie all’automazione e ai dati si possono aumentare sia la produttività che la sicurezza. Basta fornire ai tecnici degli smartphone o dei tablet o inserire sensori nelle fabbriche. Un nostro cliente nei Paesi Bassi ha reso molto più sicure le operazioni con i carrelli elevatori grazie alla sensoristica che individua le persone presenti nell’area di azione. E intanto l’analisi dei dati raccolti aumenta la conoscenza utile a prendere decisioni strategiche. Per noi l’innovazione è basata sulla digitalizzazione di processi, soluzioni, prodotti e esperienza del cliente attraverso l’impiego dei dati e degli analytics.
Ma chi crea l’innovazione? Le imprese, i laboratori di ricerca, le startup?
Per noi di Orange Business Services l’innovazione è un processo collaborativo. Mi spiego: per un’azienda è senz’altro possibile creare un nuovo prodotto o servizio e metterlo sul mercato. Se si riesce a farlo nel modo, nei tempi e al prezzo giusti, allora l’azienda riesce a innovare da sola. Ma c’è il rischio di commettere errori che producono ritardi e fanno crescere i costi. Se si vuole essere più efficaci e veloci e ridurre i rischi di fallimento e investimenti a vuoto, allora la co-innovation è la soluzione. Orange ha 16 location nel mondo, dove diamo sostegno allo sviluppo delle startup e osserviamo i trend globali. Questo ci dà una visione di ecosistema che ci permette di capire quali sono i prodotti che funzionano e quelli che falliscono e perché. In questo modo aiutiamo i nostri clienti a ridurre i tempi di sviluppo e di commercializzazione, a limitare i flop e a condividere rischi e investimenti. Il nostro ecosistema è agile e contribuisce a portare una “mentalità da startup” nelle aziende più strutturate per imparare a pensare fuori dagli schemi. È quello che sta facendo un nostro cliente in Svizzera del settore assicurativo: ha dato vita a un laboratorio interno per la ricerca il cui compito è far emergere idee. Quello che vorrei tuttavia sottolineare è che l’innovazione si svolge in direzione top down, non il contrario, ovvero parte dalla strategia decisa a livello di C-suite.
È una questione di governance?
Sì. I top manager sono chiamati a prendersi la responsabilità delle loro scelte e fare da guida. Certo, anche con la collaborazione di terze parti che forniscono consulenza e conoscenze, ma l’approccio vincente, secondo noi, è top-to-bottom. L’innovazione deve essere una strategia che parte dagli executive e che va a permeare l’intera cultura aziendale. Senza una nuova mentalità non può esserci innovazione.
Ha citato la collaborazione di terze parti che portano consulenza e conoscenze alle imprese. È quello che fa Orange Business Services affiancando i clienti nella trasformazione digitale. Qualche progetto che ci può illustrare?
Una grande azienda del trasporto internazionale di merci e contratti logistici si è posta l’ambizioso obiettivo di azzeramento delle sue emissioni di CO2 e lo farà grazie a un incremento della digitalizzazione e dell’automazione dei suoi veicoli. Abbiamo incontrato i top manager e abbiamo discusso con loro gli obiettivi da raggiungere e il percorso da compiere. Nel suo programma la società ha inserito l’uso degli analytics, l’impiego dei droni in magazzino, le tecnologie IoT per tracciare tutti gli oggetti e persino l’automazione del processo di traduzione dei documenti di spedizione dal cinese all’inglese. La nostra innovazione è sempre applicata agli obiettivi dei clienti ed è un percorso continuativo: la chiamiamo una innovation interaction con un brainstorming che non si ferma mai. Altre storie di successo che abbiamo realizzato in Europa riguardano gli smart truck, il riconoscimento e l’analisi delle immagini per rilevare fuoriuscite di petrolio nel mare, l’ottimizzazione del percorso e riduzione delle emissioni di CO2 nel settore manifatturiero, la produzione intelligente con la garanzia di qualità grazie ai sensori, la gestione del monitoraggio energetico per l’ottimizzazione della produzione e della sostenibilità, l’assicurazione di viaggio digitale.
Il manufacturing e i veicoli automatizzati sembrano attrarre molti progetti.
Sicuramente, tra le varie industrie, la manifattura è la più avanzata nella trasformazione digitale. E l’uso delle auto autonome è uno dei macro-trend da seguire a livello globale; Orange Business Services ha una collaborazione con Mobileye in Israele per quanto riguarda l’uso dei dati catturati dai veicoli e dall’infrastruttura stradale. Questo settore dimostra tutte le potenzialità degli analytics e della nuova tecnologia mobile 5G, che offre una connettività affidabile e quindi la disponibilità di dati in tempo reale. L’automazione dei veicoli dimostra anche il valore degli ecosistemi e della co-innovazione. Nel futuro aumenterà il ricorso a consorzi di aziende con interessi e obiettivi comuni. Sarà importante anche arrivare a uno standard industriale, nel driverless come in altre tecnologie innovative (pensiamo alla blockchain) e tenere presente che 5G e automazione cambieranno e semplificheranno anche la customer experience e permetteranno di usare le risorse in modo più efficiente, come accade con gli smart building. Sono direzioni obbligate per le imprese che vogliono restare competitive: per questo gli investimenti non mancheranno.
Nessun impatto dalla crisi post-Covid?
Quest’anno la crisi economica costringerà a non ampliare i budget esistenti; le aziende tenderanno a spostare capitali da aree meno strategiche verso l’innovazione, mantenendo un atteggiamento “hold”. Ma nei piani di lungo termine, al 2025 o al 2030, non vediamo alcun cambiamento: le imprese hanno capito che la digitalizzazione è l’unico modo per essere innovative, sostenibili e compliant e gli investimenti andranno avanti e continueranno nel loro lavoro e nell’execution dei loro progetti strategici. Cambiano però le priorità e aumenta il focus sul lavoro mobile, flessibile e sicuro e sulla digitalizzazione dei processi manuali per ridurre i costi e guadagnare efficienza.