Riverbed Technology è la società quotata al Nasdaq che di fatto
ha inventato la cosiddetta Wan acceleration, su cui ha costruito la
sua strategia di successo. Una strategia che oggi si arricchisce di
una nuova componente destinata ad accelerare quasi sicuramente la
sua crescita in termini di ricavi e soprattutto portare ulteriori
benefici alle organizzazioni che usano reti geografiche
complesse.
Questa nuova componente va sotto il nome di “network
visibility", ovvero di un set di funzioni che in aggiunta alla
accelerazione porta altro valore in grado di ottimizzare
ulteriormente lo stato di funzionamento delle reti, che come noto
rappresentano l’infrastruttura sempre più critica di tutte le
organizzazioni. I prodotti di network visibility sono dei tool che
nella sostanza analizzano protocolli e pacchetti e sono quindi in
grado di fornire indicazioni precise e tempestive sulla
funzionalità o la non funzionalità delle rete.
Di questa integrazione tra funzioni di “accelerazione” e di
“visibilità” si è parlato stamattina a Milano durante un
incontro con un ristretto numero di giornalisti italiani da parte
di due dei massimi esponenti tecnici della società americana:
Steven McCanne; Cto e executive vice president oltre che
cofondatore di Riverbed e guru mondiale tecnologie Tcpdump (analisi
del traffico che avviene nella rete fisica), e Loris Degioanni,
senior director of engineering – office Cto di Riverbed, e nel
2005 creatore di Cace Technologies, azienda acquisita verso la fine
dello scorso anno da Riverbed in funzione di detta strategia.
Proprio in questi giorni avviene il lancio di nuove soluzioni di
Network Performance management che intergrano, potenziandole, le
funzionalità di Cace con quelle di Cascade, azienda operante nello
stesso settore e acquisita in precedenza. In altri termini tra i
prodotti Shark e Pilot di Cace e l’appliance di Cascade.
In tutto questo c’è una forte componente di italianità.
Degioanni di Vinadio (Cuneo) è un laureato del Politecnico di
Torino con una tesi sulla cattura e l’analisi dei pacchetti, di
cui si può considerare uno dei padri tecnologici, che di fatto gli
è valsa una brillante e rapida carriera nella Silicon Valley.
“Una idea – racconta al Corriere delle Comunicazioni – che mi è
riuscita di trasformare in una iniziativa imprenditoriale in quel
contesto, e nella quale ho coinvolto alcuni dei migliori laureati
(almeno una quindicina) del Politecnico torinese che hanno fatto la
mia stessa scelta e che ora sono parte integrante di Riverbed. Il
tool che ho messo a punto in Italia da studente, secondo le regole
dell’Open Source, oggi conta cinque milioni di utenti, 25mila
visitatori unici e mezzo milione circa di download al mese. Viene
considerato il tool open di maggior successo”.
Riverbed conta attualmente circa 13mila clienti, considerando anche
quelli portati in dote da Cace. Quelli italiani sono circa 250, con
in primo piano la Pa.Nel nostro paese i prodotti della Riverbed
(1340 dipendenti, 551 milioni di dollari di ricavi e una
capitalizzazione di quasi 6 miliardi di dollari) sono venduti da un
network di una quindicina di partner, in prevalenza molto
focalizzati. “Stiamo crescendo a ritmi del 30% l’anno, dice
Albert Zammar, Regional sales manager Italia a altri paesi
mediterranei, e prevedo che anche nell’anno in corso ci
manterremo su questi livelli”.