IL RIASSETTO

Samsung a caccia di liquidi, cessioni per 1 miliardo

Dopo la vendita della divisione stampanti a Hp, il gruppo ha dismesso le partecipazioni di minoranza in Asml Holding, Seagate Technology, Sharp e Rambus. Obiettivo: far fronte ai costi legati al ritiro del Galaxy Note 7 e all’espansione in nuovi settori

Pubblicato il 20 Set 2016

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Samsung taglia i rami secchi procedendo con la vendita dei business non strategici. Il gruppo coreano dopo la cessione, la scorsa settimana, delle stampanti a Hp per 1,05 miliardi di dollari, ha venduto altre partecipazioni di minoranza, ovvero circa la metà del pacchetto detenuto nell’olandese Asml Holding, l’intero 4,2% di Seagate Technology, lo 0,7% della connazionale Sharp e il 4,5% di Rambus. Queste cessioni hanno fruttato al colosso asiatico circa 889 milioni di dollari.

L’intento primario sembra essere, comunque, quello di raccogliere cassa “per far fronte ai giganteschi costi di ritiro di 2,5 milioni di smartphone Galaxy Note 7, operazione che costerà al gruppo oltre 1 miliardo di dollari”, spiegano gli analisti. Secondo le parole di Lee Jae-yong, unico erede del fondatore del gruppo e recentemente nominato come membro del consiglio di amministrazione dello stesso, a muovere le decisioni dell’azienda è anche la volontà di espandere i suoi orizzonti in settori come il biofarmaceutico.

La notizia conforta le indiscrezioni sui contatti tra il colosso coreano e Fiat Chrysler Automobiles per Magneti Marelli, anche se, stando agli ultimi rumor sulla vicenda, le trattative guarderebbero ora a una joint venture tra i due gruppi, ipotesi più in linea con le recenti dichiarazioni di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca , che aveva detto di non vedere nel breve termine uno scorporo della controllata di casa Agnelli. Ad ogni modo, l’eventuale vendita di Marelli potrebbe essere un importante passaggio per consentire al gruppo italo-statunitense una riduzione strutturale del debito con l’obiettivo del piano industriale di convertire i 5 miliardi di indebitamento netto industriale in 4 miliardi di liquidità.

Intano il caso del Galaxy Note 7 che prende fuoco tocca anche la Cina, il maggiore mercato mondiale per gli smartphone. Sui social network sono spuntate due segnalazioni di dispositivi che avrebbero preso fuoco e su almeno una delle due Samsung starebbe già indagando. La compagnia aveva affermato che i dispositivi venduti in Cina non erano interessati dal problema.
Un utente cinese domenica ha segnalato via social network che il Note 7 di un amico aveva preso fuoco nel fine settimana. Il proprietario, contattato dall’Ap, ha affermato di aver acquistato il telefono il primo settembre dal sito di e-commerce JD.com. Un’altra segnalazione simile è arrivata da un diverso account social. Il sito JD ha affermato che c’è un’indagine interna della compagnia sul primo caso. Samsung ha richiamato in Cina 1.858 Note 7 – secondo un avviso del 14 settembre dell’agenzia di qualità prodotto in Cina – specificando che si tratta di telefoni distribuiti prima del primo settembre.

Il Galaxy Note 7 è stato ritirato dal mercato il 2 settembre – a poche settimane dal lancio – dopo episodi di esplosione dovuti alla batteria. Secondo la compagnia fino al primo settembre sono stati 35 i casi segnalati a livello globale, mentre i dispositivi richiamati nel mondo sono 2 milioni e mezzo. Sono intervenuti con divieti anche la Commissione per la sicurezza dei consumatori americana e gli enti di aviazione Usa e Ue, mentre Samsung sta valutando soluzioni alternative per “spegnere” a distanza gli smartphone nel timore che gli utenti disattendano il richiamo.

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