LO SCANDALO

Samsung, la Corte di Seul nega l’arresto per Lee Jae-yong

Secondo i giudici le accuse di corruzione, appropriazione indebita e falsa testimonianza non sono sostenute da motivazioni sufficienti. Il vicepresidente del compagnia coreana è coinvolto in una tangente da 18 milioni

Pubblicato il 20 Gen 2017

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Respinta dalla Corte centrale distrettuale di Seul la richiesta d’arresto per il vicecapo del gruppo Samsung, Lee Jae-yong. Secondo i giudici le accuse di corruzione, appropriazione indebita e falsa testimonianza non sono sostenute da motivazioni sufficienti.

Indagando sullo scandalo che ha travolto la presidente della Repubblica Park Geun-hye e la confidente Choi Soon-sil, secondo le accuse, è emerso che Lee avrebbe autorizzato un pagamento da 18 milioni di dollari a favore di una società di Choi in cambio di favori per sostenere la fusione aziendale di due gruppi sussidiari della Samsung.

“È difficile trovare la ragione, la necessità e l’opportunità per l’arresto in questa fase”, ha motivato la Corte rigettando la richiesta della procura, osservando che sono da chiarire fattori chiave quali se il denaro fosse veramente per “favori reciproci”. Da parte sua anche Samsung, che ha sempre negato ogni accusa, in una dichiarazione ha sostenuto che i “meriti di questo caso possono essere determinati senza che sia necessaria la detenzione”.

L’inchiesta su Samsung è parte di uno scandalo molto più vasto. La Park, primo presidente coreano a essere raggiunto da accuse formali, rischia la destituzione e si trova oggi ai livelli di consenso più bassi bassi per un capo di Stato in Corea del Sud. Gli accusatori lavorano sull’ipotesi che la presidente sia collusa con la Choi, sua vicina assistente e già raggiunta da avviso di garanzia, che avrebbe usato la sua influenza per estorcere denaro alle maggiori aziende del Paese, non solo Samsung ma anche Hyundai e LG.

Lo schema corruttivo sul quale la Procura indaga avrebbe coinvolto tutti i grandi gruppi sud-coreani che la Choi avrebbe indotto a versare denaro a due fondazioni che l’accusa ritiene siano state controllate dall’amica della presidente. I capi di Hyundai, LG e SK sono stati chiamati in Procura a dare una loro versione dei fatti. Quanto a Samsung, nelle scorse settimane gli inquirenti hanno prelevato documenti anche dai suoi uffici di Gangnam e da una affiliata per la pubblicità e interrogato diversi top manager del gruppo, compreso Lee.

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