IL CASO

Samsung nella bufera: in manette il rampollo Lee Jae-yong

L’accusa è di corruzione, frode e spergiuro. Il vicepresidente erede della famiglia che controlla il colosso dell’elettronica è sotto inchiesta per un tangente da 19 milioni di dollari nello scandalo che ha coinvolto la presidente della repubblica Park Geun-hye

Pubblicato il 17 Feb 2017

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Il rampollo della famiglia che controlla Samsung Electronics, Lee Jae-jong, è finito in carcere. A dare l’ok all’arresto, dopo aver respinto una prima richiesta il 19 gennaio, è stata la corte centrale distrettuale di Seoul. Lee dovrà rispondere dell’accusa di corruzione, frode e spergiuro in merito a una maxi tangente da 37,4 milioni di dollari. L’arresto arriva dopo un secondo interrogatorio fiume del manager, durato 15 ore, che ha fatto seguito a quello di 24 ore continuative del 12 gennaio.

L’indagine che ha portato all’arresto di Lee Jae-jong è una parte di quella più ampia che sta facendo scalpore in Corea del Sud, e che causato l’avvio della procedura di Impeachment per la presidente della Repubblica, Park Geun-hye e all’arresto della sua confidente Choi Soon-sil, che avrebbe approfittato della sua posizione influente per ottenere finanziamenti in cambio di protezione politica.

Adesso i pubblici ministeri potranno lasciare agli arresti Lee Jae-jong per un massimo di 20 giorni prima di incriminarlo formalmente.

Per la procura Lee è sospettato di aver autorizzato l’erogazione di circa 43 miliardi di won (37,4 milioni di dollari), in parte solo promessi e non pagati, a favore di società riconducibili a Choi per poter sfruttare l’influenza sulla presidente della Repubblica Park Geun-hye. Nell specifico ma maxi tangente sarebbe servita per avere nel 2015 il via libera dei fondi pensione pubblici a un’operazione di riordino del gruppo Samsung, funzionale al trasferimento dei poteri dal padre Lee Kun-hee al giovane rampollo.

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