L’Fbi ha pagato 1,3 milioni di dollari agli hacker che hanno sbloccato l’iPhone dell’attentatore di San Bernardino ed evitare così lo scontro frontale con Apple. E’ stato lo stesso direttore del bureau a suggerirlo intervenendo in un forum dell’Aspen Institute a Londra, sottolineando che l’operazione “è costata molto”.
Anche se non ha voluto precisare la cifra, Comey ha poi aggiunto che questa supera “quello che guadagnerò durante i sette anni e quattro mesi che mi restano di incarico”. L’indicazione ha permesso ai giornalisti in sala di fare qualche calcolo, considerando che con il suo grado di anzianità Comey – che era un procuratore federale prima di essere nominato alla guida dell’Fbi, incarico che dura 10 anni – guadagna 185mila dollari all’anno.
Così è venuta fuori la cifra di almeno 1,3 milioni di dollari spesi dai federali per sbloccare lo smartphone di Syed Rizwan Farook, che insieme alla moglie, uccise 14 persone lo scorso 2 dicembre a San Bernardino, prima che entrambi rimanessero uccisi al
termine di un inseguimento con la polizia.
“Ma comunque, secondo me, è valsa la pena” spendere tutti quei soldi, ha concluso Comey che ha mantenuto il riserbo su chi abbia effettivamente aiutato l’Fbi a decrittare l’iPhone.
Dopo aver sostenuto che solo Apple poteva aiutare gli investigatori ad entrare nello smartphone del terrorista, e dopo aver chiesto l’intervento dei giudici, il dipartimento di Giustizia all’improvviso nelle scorse settimane ha annunciato di aver ottenuto l’aiuto da altre fonti e di non avere quindi bisogno dell’assistenza di Apple che era pronta a dare battaglia fino alla Corte Suprema.
Secondo quanto rivelato, l’Fbi si è rivolta ad hacker professionisti che avrebbero quindi imposto queste tariffe. Anche se Comey afferma di essere convinto che valeva la pena fare questo investimento, finora, stando a quanto è emerso, l’Fbi non avrebbe trovato nessun collegamento con terroristi stranieri nei dati contenuti nel telefono.