IL CASO

Scandalo Cambridge Analytica, giallo sulle dimissioni capo della Security di Facebook

Alex Stamos al centro della bufera, riflettori su Mark Zuckerberg chiamato in audizione al Parlamento britannico. Negli Usa via all’inchiesta della Federal Trade Commission. Soro: “A rischio la libertà di scelta dei cittadini”. Il caso travolge tutte le piattaforme social: giù a Wall Street Twitter e Snapchat

Pubblicato il 20 Mar 2018

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Il caso Cambridge Analytica manda nel caos il top management di Facebook mentre si rincorrono voci sulle dimissioni del capo della Security, Alex Stamos. Secondo il New York Times, Stamos sarebbe intenzionato a dimettersi, dopo disaccordi interni su come il social network dovrebbe affrontare la vicenda dell’uso dei dati di oltre 50 milioni di utenti Usa da parte di Cambridge Analytica.

Stamos – spiega il New York Times – era un sostenitore della linea della trasparenza, una scelta contestata però da altri alti dirigenti, tra cui Sheryl Sandberg, il direttore operativo. Su Twitter, però, lo stesso Stamos non parla di dimissioni ma precisa: “”Nonostante le voci, sono pienamente impegnato nel mio lavoro a Facebook. E’ vero che il mio ruolo è cambiato. Sto attualmente passando più tempo a valutare rischi di sicurezza emergenti e lavorare sulla sicurezza nelle elezioni”.

Ma secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti interne a Facebook, le dimissioni del manager saranno comunque effettive da agosto prossimo.

Per trovare una linea comune il social network terrà oggi – lo riporta il sito The Verge – una riunione interna aperta a tutti i dipendenti per permettere loro di fare domande sullo scandalo legato a Cambridge Analytica. L’incontro, coordinato da Paul Grewal, vice consigliere generale, sembra una mossa del social per guadagnare tempo in vista della riunione settimanale di venerdì nella quale è atteso l’intervento del ceo, Mark Zuckerberg, che finora non ha commentato l’accaduto.  

“Non sono una spia e sono pronto a parlare con l’Fbi e davanti al Congresso americano”, con queste parole  si difende Aleksandr Kogan, l’accademico che attraverso l’app “thisisyourdigitallife” ha raccolto le informazioni su 50 milioni di americani, provocando lo scandalo che sta travolgendo Facebook. Kogan, respingendo con forza l’accusa di essere una spia russa, contraddice Facebook, che finora si è difesa affermando di aver autorizzato la raccolta di dati dei suoi utenti per scopi accademici. “Non abbiamo mai detto che il nostro progetto era finalizzato a una ricerca universitaria”, afferma alla Cnn contestando il fatto che Facebook lo abbia radiato dal social network con l’accusa di aver violato gli accordi.

Intanto si muovono istituzioni e autorità sia un Uk sia in Usa. La Commissione parlamentare sulla Cultura, i Media e il Digitale della Camera dei Comuni ha chiesto a Mark Zuckerberg di comparire per un’audizione: il presidente della commissione, Damian Collins, citando una sua lettera inviata al ceo accusa il management dell’azienda di aver “ingannato” l’organismo in precedenti audizioni.

Via anche  alle indagini dell’Autorità britannica per la protezione dei dati. A questo proposito il Garante Uk ha chiesto e ottenuto da Facebook di mandare via i suoi revisori dalla sede di Cambridge Analytica, perché potrebbero danneggiare l'”integrità” della perquisizione disposta dall’Authority stessa. Elisabeth Denham, il Garante britannico per l’Informazione – si legge sul Financial Times – ha spiegato che le autorità di controllo del Regno Unito stanno anche indagando per determinare se Facebook abbia assicurato la “sicurezza e la salvaguardia” dei 50 milioni di profili utenti che sono stati violati e se abbia “agito in modo deciso” per trovare i responsabili del buco”. Il Garante ha richiesto un mandato di perquisizione per gli uffici di Cambridge Analytica già questa mattina per analizzare i suoi database e i server.

Negli Usa la Federal Trade Commission ha aperto un’indagine su Facebook sulla possibile violazione dei termini sulla protezione dei dati personali in merito allo scandalo Cambridge Analytica, secondo quanto riporta Bloomberg. L’indagine punterebbe a chiarire se il social media ha permesso alla Cambridge Analytica di ricevere alcuni dati degli utenti in violazione delle sue politiche.

Per Antonello Soro, Garante italiano per la Privacy, “con il potere informativo che converge verso un solo destinatario”, cioè le media company come Facebook, “si sta creando una nuova geografia dei poteri, che tende a cambiare la natura delle democrazie moderne”. Intervistato da Il Mattino, Soro evidenzia come sia a “a rischio la libertà di scelta”.

“Nel gioco democratico il voto dei cittadini traduce in una scelta elettorale lo stato di consapevolezza, che si ha in quel momento, del mondo in cui vive. E se questa scelta è figlia di una lettura quotidiana e completa della realtà, allora possiamo parlare di libertà. Se invece – avverte Soro – è figlia di un meccanismo di conoscenza passiva, parziale, settoriale, con una spinta a farci sapere solo quello che è più vicino alle nostre aspettative, allora il percorso elettorale è diverso da quello che dovrebbe esprimere una democrazia compiuta”.

L’affaire Cambridge Analytica è parte di “un processo ineluttabile: attraverso la sempre maggiore conoscenza delle nostre propensioni, questi soggetti sono in grado di consigliarci sia il prodotto da comprare sia il partito da votare”, evidenzia il Garante. “Questa vicenda la vedo in parallelo con le rivelazioni di Snowden sull’invasività della sorveglianza della Nsa americana: apre una finestra sulla forte capacità di orientamento a scapito di cittadini inconsapevoli, anche in chiave elettorale”, prosegue Soro. “Di indizi ce n’erano tanti, ma adesso è chiara la sproporzione in termini di condizionamento di alcuni soggetti, attraverso la loro capacità di conoscere e raccogliere informazioni, notizie, suggerimenti su di noi mediante le piattaforme digitali. Facebook potrebbe condizionare due miliardi di utenti e finire per indirizzare l’intera umanità.

Parlando in conferenza stampa a Bruxelles, il Garante europeo dei dati personali Giovanni Buttarelli, ha chiarito che il modo in cui funziona il sistema di raccolta dei dati attraverso app, like, pagine fan e altri strumenti legati ai social network “è globale e non c’è frammentazione. In tutti i Paesi l’uso massicco dei dati e la mancanza di trasparenza” rappresentano un rischio e “non c’è un approccio nazionale”. “Non ho elementi per dire come questi dati siano usati nella pratica”, ha però chiarito.

Dopo caso Cambridge Analytica si sta diffondendo a macchia d’olio su Twitter l’hashtag #DeleteFacebook con cui gli utenti esprimono il disappunto per l’uso irresponsabile dei loro dati. Alcuni di loro raccontano di aver già cancellato i loro profili da tempo. E fioriscono sulla rete anche i consigli e le indicazioni sulle procedure da seguire per cancellarsi dal social network in poche mosse. Parallelemente all’hashtag #DeleteFacebook emerge anche #WheresZuck, che in qualche modo richiama Mark Zuckerberg ad un intervento pubblico in un momento così critico per la società che ha fondato. Attualmente il numero 1 di Menlo Park non si è esposto, né ha rilasciato dichiarazioni.

Il caso ha scatenato un putiferio anche a Wall Street. Facebook arriva a perdere fino al 5%, trascinandosi dietro tutti gli altri social. Twitter perde il 9,68% e Snapchat cede il 3,6%.

Zuckerberg, che detiene il 16% di Facebook, ha personalmente perso 5,5 miliardi di dollari in Borsa, scivolando a quota 69 miliardi, secondo il monitoraggio di Forbes sugli uomini più ricchi del pianeta. Ma il ceo ha contenuto le perdite, riuscendo a vedere prima del crollo del titolo, anche oggi pensatissimo.

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