STRATEGIE

Schmidt a Cuba, missione Internet: “Gli Usa rinuncino all’embargo”

Il presidente Google all’Avana per incontrare esperti e università: il blocco che impedisce (fra l’altro) l’utilizzo dei cavi sottomarini “non ha più alcun senso per gli interessi americani. Per modernizzare il Paese serve dare smartphone ai cittadini e incoraggiare la libertà di espressione”

Pubblicato il 30 Giu 2014

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Il presidente di Google, Eric Schmidt, continua nel suo tour di Paesi guidati da regimi autocratici per sollecitare l’apertura a Internet. Dopo il viaggio a sorpresa in Corea del Nord del gennaio 2013, il boss di BigG ha visitato Cuba nel fine settimana insieme a un gruppo di alti dirigenti con l’obiettivo, appunto, di promuovere un Internet libero e aperto. Ne ha dato notizia il sito fondato dalla blogger e dissidente cubana Yoani Sanchez. A Cuba, secondo dati Reuters, hanno accesso alla rete 2,6 milioni di persone su una popolazione di 11,2 milioni. Per lo più si tratta di un accesso ristretto a siti web ‘approvati’ e a centri gestiti dal governo.

L’altro freno alla diffusione di Internet è rappresentato dall’embargo degli Stati Uniti, che vieta l’accesso ai cavi Internet sottomarini, uno dei quali corre da Miami a Cancun, in Messico, a soli 32 chilometri (20 miglia) da L’Avana. Per questo Cuba può utilizzare solo collegamento satellitari.

Secondo il sito 14ymedio.com, lanciato il mese scorso da Yoani Sanchez, il team di Google ha incontrato a L’Avana autorità cubane ed esponenti del mondo tecnologico e digitale. Né l’azienda californiana né il governo cubano hanno rilasciato comunicati ufficiali della visita. È stata la Sanchez, blogger ormai famosa in tutto il mondo, a rilanciare la notizia su Twitter. Schmidt era insieme a Jared Cohen, direttore di Google Ideas, e ad altri due manager della compagnia. Nella giornata di sabato la delegazione ha visitato l’Università di Scienze dell’Informazione a L’Havana. Appena lanciata, a fine maggio, la testata digitale di Yoani Sanchez era stata oscurata dalle autorità cubane perché rea di far parte delle ”attività sovversive” organizzate dagli Stati Uniti contro la Rivoluzione. Dopo il blocco iniziale il sito è tornato online.

In un commento al viaggio, postato da Schmidt sul suo profilo di Google Plus, dopo aver descritto le particolarità del paesaggio cubano, la buona qualità della sanità e la presenza di donne ai vertici delle istituzioni, il presidente ha detto che “l’Internet di Cuba è intrappolato negli anni Novanta. Circa il 20-25% dei cubani ha linee telefoniche e l’infrastruttura per la telefonia mobile è molto limitata. Intorno al 3-4% dei cubani ha accesso alla Rete negli internet cafes e in alcune università. La Rete subisce una pesante censura, le infrastrutture sono fatte di componenti cinesi”. Schmidt ha poi affermato che l’embargo “non ha alcun senso per gli interessi Usa. Se vuoi modernizzare il Paese, il modo migliore di farlo è dare smartphone ai cittadini (non ce n’è quasi nessuno) e incoraggiare la libertà di espressione”.

Schmidt rileva inoltre che esiste una piccola comunità tecnologica che usa versioni non protette di Windows e ruota intorno all’Android gratuito. Inoltre i giovani cubani assemblano in modo informale reti di wifi routers e in migliaia si connettono a queste reti per file sharing e private messaging.

A gennaio dell’anno scorso il presidente del colosso del web era stato in visita in Corea del Nord, viaggio non visto di buon occhio dal Dipartimento di Stato americano. In quell’occasione aveva esortato il governo nordcoreano a concedere alla popolazione l’accesso a Internet per incrementare la crescita. “Il mondo sta diventando sempre più connesso, perciò la decisione di rimanere virtualmente isolati è destinata ad avere conseguenze negative sulla visione del mondo e sulla economia dei norcoreani” aveva detto all’epoca.

Aveva poi ribadito che la Corea del Nord “deve agire e permettere alle persone di usare Internet: è una loro scelta ed è tempo, a mio parere, di iniziare o rimarranno indietro”. Su una popolazione di circa 25 milioni di persone, infatti, solo 4.000 possono navigare in rete (in pratica i membri della classe dirigente). La maggior parte dei nordcoreani usa un sistema di Intranet, ma non ha accesso al World Wide Web e, in ogni caso, la rete è sottoposta a controlli e censure.

A maggio 2013 Schmidt si era poi recato in Myanmar (ex Birmania), Paese asiatico che da un paio di anni sta sperimentando una rapida trasformazione politica ed economica dopo decenni di dittatura militare e che è già visto da molti occidentali come la nuova frontiera dei mercati asiatici.

Parlando a un gruppo di giovani e imprenditori a Yangon, la città principale, Schmidt aveva detto: “Il vostro governo ha preso una decisione politica particolarmente importante: ha aperto il Paese alle idee straniere, a Internet, alla vostra comunicazione e ai vostri giornali. L’uso del web renderà impossibile tornare indietro”. A chi gli chiedeva consigli su questo settore in via di sviluppo, il presidente esecutivo di BiG ha risposto: “Per prima cosa cercate di tenere il governo fuori dai regolamenti sul web”. Sotto il regime militare, Internet e i media tradizionali erano soggetti a stretto controllo e censura, ma da quando, nel marzo 2011, è salito al potere il presidente Thein Sen, la vigilanza in Myanmar si è allentata.

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