Google è pronta a sostenere l’innovazione digitale in Europa, ma il Vecchio Continente deve lavorare per arrivare a un mercato digitale unitario, a meno di non volere perdere terreno a livello globale in termini di competitività. Lo ha detto il presidente del colosso di Mountain View Eric Schmidt. “C’è un modo vecchio e un modo nuovo di fare le cose. Quello nuovo è globale e digitale, quello vecchio è locale e orgoglioso. Non c’è nulla di male in questo, ma le logiche vecchie saranno superate”, ha detto parlando a Berlino, alla conferenza Noah. A minacciare lo sviluppo tecnologico europeo è la mancanza di lavoratori specializzati nel settore: secondo Schmidt servirebbero un milione di lavoratori, che non saranno trovati prima del 2020.
La Ue ha presentato a maggio la sua strategia per il Mercato Unico digitale. Sedici iniziative spalmate su tre pilastri tematici. Una timeline serratissima – appena due anni – per attuarle. Benefici per l’economia europea quantificati in oltre 400 miliardi l’anno con la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Dopo mesi di lavoro febbrile, costellati da anticipazioni, fughe di notizie e polemiche striscianti, la Strategia europea per il Mercato unico digitale ha finalmente debuttato lo scorso 6 maggio con un’attesa conferenza stampa officiata dai due responsabili comunitari al digitale Andrus Ansip e Günther Oettinger. Ma a dare man forte è scesa in campo l’intera squadra dei commissari europei resasi protagonista di un diluvio di tweet e dichiarazioni di sostegno. A ulteriore conferma di quanto l’impresa occupi una posizione nevralgica nell’agenda politica dell’esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker.
L’obiettivo del mercato unico digitale mira ad abbattere le barriere regolamentari fino ad instaurare un unico mercato al posto dei 28 mercati nazionali ora esistenti. Un mercato unico digitale pienamente funzionante potrebbe apportare all’economia europea 415 miliardi di euro l’anno e creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro.
Attualmente, infatti, l’esistenza di ostacoli alle operazioni online impedisce ai cittadini di profittare di una più vasta gamma di beni e servizi: solo il 15% effettua acquisti online da un altro Stato membro; le imprese che operano via Internet e le start-up non possono trarre pieno vantaggio dalle opportunità di crescita offerte da Internet: solo il 7% delle Pmi vende all’estero. Infine, le imprese e le pubbliche amministrazioni non possono fruire appieno degli strumenti digitali. In questo quadro l’Italia si conferma uno dei paesi meno “digitalizzati” in termini di utilizzo delle possibilità che la rete offre ai consumatori: solo il 59% degli italiani usa internet, contro il 75% di media Ue. Percentuali inferiori si registrano solo in Bulgaria, Romania e Grecia. Le persone che non hanno mai usato internet sono il 32% in Italia contro il 18% in Europa. Fra gli internauti, solo il 35% effettua acquisti online, poco più della metà della media europea pari al 63%; e solo il 14% si azzarda ad acquistare all’estero, ma in questo caso la media europea è solo di poco superiore (il 18%).
Tra le 16 azioni chiave c’è l’introduzione di norme intese ad agevolare il commercio elettronico transfrontaliero. E l’eliminzione del blocco geografico nei servizi di e-commerce. Focus anche sul copyright le cui regole vanno messe al passo con l’innovazione digitale. L’obiettivo ultimo è migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa.
Per creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi, Bruxelles intende rivedere la regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni. Ciò comporta, tra l’altro, assicurare un coordinamento più efficace dello spettro radio e definire criteri comuni a livello dell’Ue per l’assegnazione dello spettro a livello nazionale e creare incentivi agli investimenti nella banda larga ad alta velocità. Si punta poi ad effettuare un’analisi un’analisi dettagliata del ruolo delle piattaforme online (motori di ricerca, social media, app store, ecc.) per garantire maggiore trasparenza a consumatori e imprese. Riflettori anche sulla revisione della direttiva e-privacy.
Il terzo pilastro sui verte il pacchetto è la massimizzazione del potenziale di crescita dell’economia digitale. Come? Proponendo, tra le altre cose, un’iniziativa europea per il libero flusso dei dati, per promuoverne la libera circolazione nell’Unione europea e promuovendo una società digitale inclusiva in cui i cittadini dispongano delle competenze necessarie per sfruttare le opportunità offerte da Internet e aumentare le possibilità di trovare un lavoro. In questo quadro un ruolo chiave lo gioca per l’eGovernment per il quale è in cantiere un nuovo piano Ue.