La “partita” di governo tra Conte e Renzi si gioca anche sul digitale. Il leader di Italia Viva ha presentato il “suo” Recovery Plan con 61 proposte nella quali veicolare i fondi del Next Generation Eu.
Tra queste ne spicca una, che è un po’ il cavallo di battaglia “digitale” di Iv: lo stop all’Istituto italiano di cybersicurezza. Al quale il presidente del Consiglio sembra non voler rinunciare nonostante la norma istitutiva sia stata stralciata, proprio su pressione dei ministri di Iv (ma anche di buona parte del Pd) dalla prima versione della manovra 2021. La Fondazione è comunque presente nella bozza del Recovery Plan del governo che verrà inviata a Bruxelles una volta terminata la stesura definitiva.
Che cos’è l’Istituto italiano per la cybersicurezza
Nella prima bozza della legge di bilancio si stanziavano 10 milioni per la creazione dell’Istituto italiano di cybersicurezza che avrebbe dovuto “pianificare, elaborare, sviluppare, promuovere e supportare iniziative e progetti di innovazione tecnologica e programmi di ricerca riguardanti la sicurezza delle reti, dei sistemi e dei programmi informatici e dell’espletamento dei servizi informatici, in coerenza con la strategia nazionale di sicurezza cibernetica”.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, sentito il Cisr (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica), sarebbero stati nominati un commissario unico e un collegio dei revisori nonché definiti i loro compiti.
Lo stralcio successivo ha provocato forti reazioni da parte del mondo del ricerca. Nei giorni immediatamente successivi la decisione di eliminare la norma istitutiva, il Comitato Nazionale per la Ricerca nella Cybersecurity (di cui fanno parte Cnr, Cini e Cnit) ha evidenziato la centralità di questo organismo nella strategia nazionale di cyberdifesa.
“La creazione di un Istituto Italiano di Cybersicurezza è ora più che mai strategica per amplificare e potenziare il lavoro dei singoli operatori della cyber security – spiegavano i membri del Comitato – Da un lato l’imminente creazione dello European Cybersecurity Competence Center richiederà l’attivazione di una rete di analoghi centri nazionali, e l’Italia ne è ancora purtroppo sprovvista. Dall’altra, la pandemia ha già provato duramente il sistema socio-economico del Paese, ed è quindi ancora più importante che in un momento come questo il Governo si impegni a rafforzare le infrastrutture e gli strumenti che abilitano la trasformazione digitale del Paese, per favorire quindi la ripresa economica: la sicurezza informatica è tra queste. In quest’ottica, un Istituto Italiano di Cybersicurezza, caratterizzato da una struttura centralizzata, multidisciplinare e con adeguata massa critica, che permetta una collaborazione efficiente ed efficace delle istituzioni con il mondo della ricerca pubblica e privata è indispensabile per lo sviluppo di piattaforme e di adeguate soluzioni architetturali al servizio del Paese e della sua ripartenza”.
La partita delle nomine
Il destino dell’istituto è legato a doppio filo a quello delle nomine di parte dei Servizi. Altro terreno di scontro tra Renzi e Conte.
Il 24 novembre è stato confermato al Dis ( Dipartimento informazioni e sicurezza) Gennaro Vecchione, considerato vicino a Conte e che dovrà sovrintendere appunto l’Istituto (qualora questo veda la luce). Da scegliere invece il vice direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterne) dopo che il 16 maggio Gianni Caravelli è stato nominato direttore. Nel giugno del 2021 scadrà anche il mandato di Mario Parente alla guida dell’Aisi e dunque anche lì ci sarà da nominare una nuova guida. E i partiti di maggioranza sembra non vogliano restare a guardare.
Pagamenti digitali
Nei 61 punti elencati da Italia Viva c’è anche la proposta di accelerare sui pagamenti digitali per battere l’evasione fiscale e spingere l’innovazione nel Paese.
“Abbiamo proposto di investire i soldi del Recovery Plan non su progetti evanescenti e raffazzonati ma sulle parole chiave dell’Italia del 2030 – spiega Matteo Renzi nella sua newsletter settimanale EuNews – Cultura, innanzitutto. Che significa identità, teatri, musica, musei. Ma anche scuola, università, ricerca. E ovviamente salute e benessere: prendere i soldi del Mes è un dovere morale, in un Paese in cui abbiamo 237 medici morti di Covid. Il piano del Governo comincia con delle paginette giustizialiste sulla giustizia: noi cominciamo con la cultura. Della serie: scopri le differenze. E poi le infrastrutture, fisiche, digitali, organizzative. L’ambiente. E le opportunità che questo Paese può e deve dare alla nuova generazione, che carichiamo di debiti ma alla quale dobbiamo dare innanzitutto una speranza. L’acronimo è Ciao, la parola italiana più famosa al mondo. Molti hanno criticato il titolo Ciao senza aver letto la mia lettera a Conte o seguito la conferenza stampa di ieri o le note che invieremo domani al Ministro Gualtieri: io non chiedo che tutto ciò che scriviamo sia accolto. Mi basterebbe fosse letto. E magari chi non è d’accordo potrebbe fare la fatica di spiegare perché. Italia Viva sta in maggioranza per cambiare le cose, non per occupare dei posti”.