Scorporo e societarizzazione di rete sempre più al centro della scena politica. Ha affrontato il tema il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda in Tv ieri, spiegando, rispetto allo scorporo che “è superiore interesse nazionale avere una rete neutrale” la cui strategicità travalica la telefonia, e ha aggiunto: “Credo che vadano separate le due società. Dopodiché la proprietà può essere anche la stessa purché si rispettino determinate norme”. Per questo il ministro ha scritto all’Agcom “chiedendo di studiare, come ha fatto l’Inghilterra, quali sono i possibili benefici e rischi dal non avere una rete separata dal punto di vista societario, non dal punto di vista della proprietà”. Secondo il ministro la societarizzazione si potrebbe ottenere separando le due società: dovrebbe nascere una Tim che si occupa solo di servizi e una Tim che gestisce la rete di trasmissione. Stessa società, ma cda e obiettivi autonomi: la proprietà può essere la stessa “purché si rispettino determinate norme”.
Sul tema il ministro incontrerà per la prima volta, in settimana, il nuovo amministratore delegato di Tim Amos Genish. Esclude almeno al momento, un ruolo della cassa Depositi e Prestiti nella vicenda e, soprattutto, un suo ingresso in Tim. “Non è all’ordine del giorno” dice, e “non penso che adesso il tema sia se Cdp deve comprare la rete”.
Oggi il consiglio dei ministri fisserà i paletti sul golden power. A riguardo si tratterà di affrontare il tema in maniera “equa ed equilibrata, non punitiva”, senza immaginare lo scorporo di Sparkle da Tim. Calenda ha ribadito quanto già detto nei giorni scorsi: “Non mi interessa punire l’investitore straniero”, ma “quando si viene in un Paese si devono rispettare le regole di quel Paese”, a cominciare da quella, contestata, della mancata comunicazione del controllo societario, che comporterebbe una sanzione.
Escluso almeno al momento un ruolo della cassa Depositi e Prestiti nella vicenda e, soprattutto, un suo ingresso in Tim. “Non è all’ordine del giorno” dice, e “non penso che adesso il tema sia se Cdp deve comprare la rete”.
La prossima settimana o all’inizio della successiva, si riunirà anche il cda di Tim per approvare la joint venture con Canal+ ed inevitabilmente farà il punto sulla governance. La strategia, che ora è in mano a Genish, prevede innanzitutto la trasformazione di Tim in una Digital Telco ma anche, come ha detto lo stesso a.d., “continuare a investire nella nostra copertura ultrabroadband per supportare l’evoluzione della società Gigabit”. Altro caposaldo è la convergenza, affiancando alla connettività la produzione di video e contenuti multimediali e in questa direzione andrebbe la creazione della joint venture con Canal+ (il term sheet firmato quest’estate prevedrebbe una governance con gli italiani all’80% e i francesi al 20%), per occuparsi “di produzioni e co-produzioni, sia italiane che internazionali, nonché dell’acquisizione di diritti, anche sportivi”. Ma al di là degli obiettivi industriali in molti hanno letto un viatico per un accordo con Mediaset, l’altro dossier caldo su cui è impegnata Vivendi.
Nella Tim di Amos Genish cambiano intanto le banche d’affari: per finalizzare la valorizzazione di Persidera il grupo ha scelto come adviso Barclays.