Huawei, la società cinese produttrice di dispositivi di telecomunicazione è titolare del brevetto per la tecnologia Lte, considerata essenziale dall’Etsi – l’Istituto europeo delle norme di telecomunicazione – per la comunicazione c.d. di 4° generazione (4G).
Chiunque voglia produrre dispositivi Lte deve, dunque, sfruttare l’invenzione sulla quale Huawei detiene tutti i diritti di proprietà industriale. E’ in questo contesto che, nei mesi scorsi, i Giudici tedeschi hanno chiamato la Corte di Giustizia a pronunciarsi su una questione di grande interesse, almeno per gli addetti ai lavori ovvero la sussistenza di un obbligo per la Huawei di licenziare, a condizioni non discriminatorie e di mercato, il brevetto relativo alla tecnologia Lte a chi gliene faccia richiesta e si mostri effettivamente interessato alla relativa licenza.
All’origine della questione sulla quale la Corte di Giustizia dovrà ora pronunciarsi, un giudizio per violazione, appunto, dei propri diritti di proprietà industriale che la Huawei ha introdotto nei confronti di una società tedesca che dopo aver avviato – ma non ancora concluso – con quest’ultima delle negoziazioni per l’acquisto dei relativi diritti, ha iniziato a produrre e commercializzare un dispositivo di telecomunicazione che, appunto, utilizza la tecnologia Lte.
In attesa di conoscere la decisione della Corte di Giustizia, nei giorni scorsi, l’Avvocato Generale ha, frattanto, formulato le proprie conclusioni – che, come è noto, non vincolano in alcun modo i Giudici della Corte – sostenendo che il detentore di un brevetto, incorporato in una norma tecnica e, quindi, divenuto uno standard, se occupa una posizione dominante sul mercato di riferimento, non può agire in giudizio a tutela dei propri diritti di proprietà industriale contro un soggetto di mercato che abbia manifestato l’effettiva volontà di acquistare una licenza per lo sfruttamento di tali diritti, avviando anche le relative trattative.
L’eventuale azione di contraffazione di brevetto, infatti, secondo l’Avvocato Generale, costituirebbe un abuso di posizione dominante.
Vale la pena, tuttavia, aggiungere che nella storia all’origine della vicenda c’è un profilo che ha, probabilmente, inciso in modo significativo sulla posizione dell’Avvocato generale: la Huawei, infatti, si è impegnata con l’Istituto europeo delle norme di telecomunicazione a licenziare il proprio brevetto alle c.d. Frand ovvero Fair, Reasonable and Non-Discriminatory terms.
Ora, naturalmente, bisognerà attendere la decisione della Corte di giustizia Ue che potrebbe far proprie o meno le conclusioni dell’Avvocato Generale ma, se i Giudici aderissero all’impostazione di quest’ultimo, chiunque volesse produrre dispositivi di comunicazione mobile in 4G, dovrebbe “semplicemente” avviare una trattativa – ovviamente concreta e di buona fede – con la Huawei che, dal canto suo, non potrebbe irragionevolmente sottrarsi dal licenziare i diritti di sfruttamento sulla propria invenzione.