Uno tra i temi che occupano sempre più spazio nell’analisi e nella ricerca psicotecnologica è quello del rapporto tra la mente umana e gli schermi. Un rapporto in continua evoluzione, soprattutto per il fatto che il numero di schermi con cui ci troviamo quotidianamente ad interagire è in costante aumento: fino a qualche anno fa avevamo a che fare solo con lo schermo cinematografico e con quello televisivo, poi sono venuti fuori il personal computer, il computer portatile, quindi è stata la volta del cellulare, strumento che ha subito una trasformazione che lo ha portato a diventare un oggetto di uso non legato esclusivamente alla conversazione telefonica, ma dapprima ad inviare messaggi fino a trasformarsi in uno schermo vero e proprio attraverso il quale connettersi ad Internet; adesso ovviamente si parla anche di tablet, di smartphone. Abbiamo nuovi schermi nei navigatori satellitari, schermi adoperati dai bigliettai sui treni, schermi televisivi installati in maniera pervasiva nei centri commerciali, nei singoli negozi, telecamere a circuito chiuso che riprendono per inviare immagini su schermi privati ecc.
Tutto questo proliferare di schermi ha dato vita alla nascita di una nuova scienza, che negli Stati Uniti è stata definita screenology, in italiano si può tradurre come schermologia: screenology studia quale relazione esiste tra la mente umana e le immagini cui siamo esposti da questo proliferare di schermi, cosa cambia cioè nella nostra mente, in ogni suo aspetto, dal rapporto con la vita e la finzione mediato dagli schermi.
Ovviamente non esistono ancora dati affidabili perché la disciplina è giovane, e, come abbiamo detto, gli schermi si trasformano in continuazione: in queste condizioni non è semplice condurre uno studio perché la materia stessa non ha ancora una sua stabilità, è in continua evoluzione. La screenology tende a distinguere gli schermi classici da quelli dinamici; gli schermi classici, definiti anche statici, sono ad esempio quello del cinema e quello della televisione intesa in senso tradizionale; su questi schermi un contenuto può essere solo riprodotto (caso tipico quello del videoregistratore o del lettore dvd che ci consentono di rivedere immagini di film ad ogni nostra richiesta). Gli schermi dinamici sono invece quelli che sono manipolabili in maniera tale da non poter solamente riprodurre un contenuto, ma da poterlo addirittura creare, rifarlo, modificarlo. Appare chiaro che a questa categoria di schermi appartengono sicuramente i computer, inclusa tutta la nuova generazione di piccoli schermi portatili, che consentono all’utente di sovrapporre pagine su pagine creando degli ipertesti, lavorare sui contenuti della rete e modificarli a piacimento, intervenendo sui forum, nelle chat, perfino nei contenuti a carattere enciclopedico della rete (wikipedia è il più semplice degli esempi).
Se da un punto di vista scientifico si può dire ancora poco circa l’influenza che gli schermi esercitano sulla nostra mente, sul nostro corpo (anche la prolungata esposizione degli occhi è un settore di studio nel campo della medicina oculistica che ha già portato a delle prime conclusioni in cui si parla di un possibile aumento della miopia), molto invece si può dire dal punto di vista empirico grazie ad un’osservazione anche superficiale sul comportamento delle nuove generazioni. Senza voler giudicare i loro modi di rapportarsi agli schermi, se noi avessimo la loro età ci comporteremmo in maniera identica, la quasi totalità dei giovani di oggi vive a stretto contatto con il proprio smartphone, lo consulta in continuazione, è praticamente sempre connesso, invia sms, scarica file, ‘parla’ con gli amici, naviga sui social network, adopera nella maniera più impensabile il proprio oggetto di culto. Li vediamo questi ragazzi, anche quando attraversano la strada, quando sono sui mezzi pubblici, perfino quando parlano tra loro sembrano non poter fare a meno del piccolo schermo che stringono nella mano destra. Tra le principali conseguenze di questa vera e propria dipendenza dallo schermo si evidenzia una quasi totale disattenzione dal mondo circostante, una limitata capacità ci interfacciarsi ‘de visu’ con i loro coetanei, la palese difficoltà di interpretare gesti, espressioni facciali, qualunque tipo di aspetto comunicativo sia proprio del contatto diretto e non di quello mediato dal computer. Le conseguenze di ciò sul piano socio comunicativo possono davvero essere di portata epocale.
Un recente studio ha dimostrato che in un prossimo futuro, nel mondo cosiddetto evoluto, il cinquanta per cento dei lavoratori si occuperà di qualcosa che ha a che fare con gli schermi. Probabilmente a breve qualcuno conierà il termine screenopathy (schermopatia) per racchiudere tutte le possibili patologie fisico-mentali che deriveranno da questo abnorme uso degli schermi.