La sperimentazione è iniziata quest’anno. Le aule non sono più concepite in maniera tradizionale, come ambienti statici in cui gli insegnanti si alternano a ogni cambio di lezione, ma come laboratori. Ogni professore gestisce e personalizza il suo spazio.
E in questa nuova organizzazione delle aree di studio un ruolo preponderante lo giocano le nuove tecnologie: lavagne interattive, ma anche applicazioni, come ad esempio Drive di Google, con la quale le classi possono lavorare a più mani sui documenti e condividerli. Il progetto porta la firma di Antonio Fini, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Arcola Ameglia, in provincia di La Spezia e ha tutte le carte in regola per diventare una best practice della scuola italiana. “Abbiamo iniziato a introdurre il modello delle aule laboratorio a settembre nelle nostre classi della secondaria inferiore. Per ora i riscontri sono positivi soprattutto per quanto riguarda la socializzazione tra i ragazzi”, dice Fini.
Obiettivo dell’iniziativa: stimolare il pensiero critico e la collaborazione tra studenti. “L’idea è quella di rinnovare la didattica, adottando un sistema d’insegnamento di tipo laboratoriale. La tesi di fondo è che ogni ambiente ha un impatto sull’ apprendimento dell’alunno”. Costo del progetto? Praticamente nullo. “Ci siamo serviti dei fondi scolastici e di vecchi pc che alcune agenzie governative ci hanno ceduto gratuitamente”.