«La Pubblica amministrazione non rilascia più documenti di identità cartacei ma solo digitali. Punto. Il che significa che tu sei cittadino solo se sei digitale». Traiamo questa frase da un’intervista al Foglio dell’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano.
A prenderlo alla lettera, l’invito di Patuano può sembrare una boutade, una provocazione priva di qualunque possibilità concreta di realizzarsi. Infatti, visto lo stato catatonico della macchina pubblica italiana, “l’obiettivo Estonia” – unico posto al mondo dove tutti sono cittadini digitali invece che cartacei – è quanto meno temerario. Anche sulle rive del Baltico c’è voluto molto tempo per la rivoluzione digitale (sono partiti nel 2002) e al confronto con l’Italia gli abitanti sono pochini: appena 1,3 milioni.
Oggi però, sin dalla nascita gli Estoni hanno in “tasca” (si fa per dire) un documento/codice che è un identificativo personale valido per spostarsi in tutta Europa, ma anche una chiave elettronica di accesso obbligatoria per qualunque servizio pubblico e, in certi casi, privato.
Tra le cose cui serve: tessera sanitaria, accesso ai conti correnti bancari online, moneta elettronica per i bus a Tallinn e Tartu, firme digitali, i.voting, accesso ai propri fascicoli sanitari, fiscali e anagrafici nelle banche dati pubbliche, ritiro di ricette.
L’Estonia è anni luce più avanti di noi, ma proprio per questo va considerata un faro per la rotta digitale che l’Italia ha cominciato a intraprendere, sia pur stentatamente.
La politica sta prendendo consapevolezza (almeno più di prima) della necessità di una rivoluzione digitale che innervi l’intero Paese e qualcosa si sta muovendo anche nella percezione delle imprese (in ritardo pure loro) e nell’attenzione dei cittadini verso le nuove tecnologie.
Intanto si cominciano a vedere i primi segnali di ripresa economica.
È l’occasione giusta perché sia l’innovazione a fungere da volano per la la crescita. Èd è proprio questo che si chiede al pubblico. Non miracoli, ma di non perdere le occasioni. Ad esempio, è in arrivo quella dello Spid. L’identità digitale degli italiani va perseguita sino in fondo. Avendo però chiara una cosa: non ci serve una carta d’identità digitale al posto di quella cartacea (non rifacciamo gli errori del passato). Ci serve un abilitatore di servizi digitali di una Pa che in prospettiva è solo online. Altrimenti saranno soldi buttati, l’ennesimo monumento allo spreco. Digitale stavolta.