INNOVAZIONE

“Serve una strategia italiana per l’AI”: l’appello degli esperti alla politica

Accademici e industriali chiamano in causa le istituzioni: “Non possiamo perdere il treno delll’intelligenza artificiale. Il Paese può ambire a diventare leader”. Trasporti, agroalimentare e beni culturali i banchi di prova

Pubblicato il 29 Gen 2018

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Prima i grandi dell’impresa e della politica riuniti a Davos per il Forum economico internazionale, poi addirittura Papa Francesco: sono tanti e autorevoli gli inviti ai governi occidentali a ragionare seriamente sull’impatto che l’intelligenza artificiale avrà a breve sulla società e sul lavoro.  In occasione del convegno  “Le opportunità dell’intelligenza artificiale. Le nuove sfide del sistema Italia”, organizzato dall’Istituto per la Cooperazione con i Paesi Esteri (Icpe) professori universitari, ricercatori  hanno lanciato un appello alla politica italiana: l’AI può riservare opportunità per il nostro Paese, a condizione di non essere colti di sorpresa dal punto di vista culturale e legislativo.

L’Italia, dunque, non si può permettere di perdere il treno dell’AI non debba perdere il treno dell’intelligenza artificiale.

Luigi Laura, professore di Informatica alla Luiss ed editorialista della rivista online Luiss Open, ha esemplificato la rapidità assunta ormai dagli sviluppi dell’AI raffrontando le caratteristiche di Deep Blue – il computer della Ibm che nella seconda metà degli anni 80 sfidò lo scacchista russo Kasparov – con i ritmi e le modalità di apprendimento ben più sofisticate di AlphaGo, il software per il gioco del go creato da Google a partire dal 2014.

Per Renato Spigler, professore di matematica all’Università Roma Tre, soltanto “un’Italia razionale” potrà fare tesoro dei radicali cambiamenti tecnologici in corso: da qui l’invito a ripensare l’istruzione e la ricerca, sia di base sia avanzata, “superando obsolete barriere tra Scienze naturali e Scienze sociali”, e tenendo a mente che “i Paesi europei che hanno ottenuto maggiori finanziamenti per progetti di ricerca nell’ambito del programma quadro dell’Ue ‘Horizon 2020’ – i quali in genere hanno una forte connotazione applicativa – sono quelli che hanno investito di più in ricerca di base su scala nazionale”.

Alla “necessaria collocazione europea” dell’Italia ha fatto riferimento nel suo intervento anche Giuseppe Morabito, direttore della Nato Defense College Foundation. Di fronte alle considerazioni svolte nel 2017 dal presidente russo Vladimir Putin, secondo il quale “chiunque diventerà leader nell’intelligenza artificiale, dominerà il pianeta”, e alla luce delle ambizioni dichiarate dalla Cina di voler primeggiare nel settore dell’AI entro il 2030, il nostro Paese deve fare chiarezza su quale è il suo“level of ambition”.

“Level of ambition” che deve tenere conto di queli sono i settori ad late potenzialità di svoluppo tecnologico. Per Alessandro Musumeci, presidente del Club Dirigenti Tecnologie Informatiche, i trasporti, l’agroalimentare ela valorizzazione dei beni culturali saranno il banco di prova. La leva è anche l’Industria 4.0, secondo Fabrizio Dughiero, Prorettore dell’Università di Padova, sono anche i competence center:  incubatore di eccellenza in cui convergono università, ricercatori e imprese per favorire innovazione e internazionalizzazione delle aziende”.

Che ruolo invece per le imprese? Rodolfo Cetera di Confindustria di Padova ipotizza un nuovo ruolo per la Confindustria, proprio come volano e diffusore di best practice nel campo dell’intelligenza artificiale tra le imprese più piccole che altrimenti potrebbero faticare a fare tesoro di questo nuovo paradigma.

Ma l’intelligenza artificiale pone sul tavolo anche temi legati al diritto. Secondo le analisi degli avvocati Annibale Schettino e Carlo Mustone quadro attuale non è esclusivamente a tinte fosche, ma lo scenario futuro potrebbe complicarsi se il legislatore, già subito dopo le elezioni politiche del prossimo 4 marzo, non riterrà di inserire queste riflessioni tra quelle di portata strategica per l’Italia.

Tutti gli esperti sono comunque concordi sul fatto che imprese, università e governo, cooperino tra loro per far sì che l’Italia non perda l’occasione di diventare uno dei Paesi che contribuiscono alla armonizzazione legislativa, scrivendo e progettando gli algoritmi che regoleranno l’AI nei vari settori, nutrendoli dei principi e valori appartenenti al nostro patrimonio storico e culturale, affinché si possa sempre di più vivere in un mondo competitivo, ma regolato, avendo sempre al centro l’uomo, che è al contempo attore e consumatore finale.

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