L'APPELLO

Sharing economy, norme Ue in cantiere. “Ma attenzione a non reprimerla”

La risoluzione approvata dall’Europarlamento punta il dito contro le zone grigie delle normative nazionali che impediscono la crescita del settore. Obblighi fiscali, trasparenza organizzativa e diritti dei lavoratori gli ambiti su cui intervenire

Pubblicato il 15 Giu 2017

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Avere delle linee guide europee che sostengano l’economia “collaborativa”, affrontando le zone grigie delle normative nazionali che causano notevoli differenze tra gli Stati membri e rendono più difficile la crescita del settore. Tutto questo garantendo allo stesso tempo la concorrenza leale e il rispetto dei diritti dei lavoratori e degli obblighi fiscali. È questa la richiesta contenuta nella risoluzione non legislativa approvata dal Parlamento europeo, che segue temporalmente le indicazioni della Commissione UE sull’Agenda europea per l’economia collaborativa.

I nuovi modelli di business basati sulla collaborazione e la condivisione, dai servizi alberghieri di Airbnb a quelli di trasporto di Uber passando per i servizi domestici, necessitano secondo gli eurodeputati di più chiarezza normativa e meno concorrenza sleale.

Le raccomandazioni approvate giovedì dai deputati citano la necessità di avere “criteri effettivi per distinguere tra peer-to-peer, ovvero i cittadini che forniscono un servizio su base occasionale, e professionisti, con principi a livello UE e soglie a livello nazionale” e di “chiarire ulteriormente e quanto prima i regimi di responsabilità da applicare alle piattaforme di collaborazione”. Il Parlamento cita anche il tema dei diritti dei lavoratori, sottolineando che si deve “garantire condizioni di lavoro eque e protezioni sociali adeguate a tutti i lavoratori dell’economia collaborativa” e che i lavoratori “dovrebbero essere in grado di beneficiare della portabilità delle valutazioni e recensioni ricevute online, che rappresentano il loro valore nel mercato digitale”.

C’è spazio anche per il fisco: “Obblighi fiscali analoghi dovrebbero essere applicati alle imprese che prestano servizi comparabili, sia nell’economia tradizionale che nell’economia collaborativa”. Rispetto a quest’ultimo punto i deputati chiedono alle piattaforme online di collaborare. A prescindere dai singoli interventi promossi, l’Europarlamento ritiene che un regolamento di disciplina del settore “non dovrebbe comunque limitare le potenzialità dell’economia collaborativa” e critica “le regolamentazioni imposte da alcune autorità pubbliche volte a limitare la quantità di alloggi turistici offerta dall’economia collaborativa”.

“Una strategia europea sull’economia collaborativa è indispensabile – commenta il relatore del testo Nicola Danti (S&D). L’obiettivo deve essere quello di evitare che regole diverse si applichino a servizi analoghi tra economia tradizionale e collaborativa, sia per quanto riguarda l’accesso al mercato sia per quanto riguarda il prelievo fiscale, garantendo così una concorrenza leale tra operatori online e offline nonché tra questi e i cosiddetti prosumers”.

Secondo un sondaggio del 2016 dell’Eurobarometro, si stima che il 17% dei consumatori abbia utilizzato i servizi forniti dall’economia collaborativa e il 52 % sia a conoscenza dei servizi offerti. Oggi il principale settore dell’economia collaborativa è quello della condivisione dell’alloggio, sulla base del commercio generato, mentre i trasporti condivisi lo sono in termini di entrate generate dalle piattaforme.

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