“Nessun tentativo di imbrigliare l’innovazione, ma solo di avere regole certe a tutela dei consumatori e degli operatori”. Veronica Tentori, deputata PD e prima firmataria della proposta di legge sulla sharing economy, spiega gli obiettivi del provvedimento che ha iniziato ieri l’iter parlamentare alla Camera.
Quali sono gli obiettivi della legge?
Puntiamo a una normativa leggera – poche regole chiare e semplici – in grado di promuovere l’innovazione, così come la creatività e il talento che sono alla base della sharing economy. Non bisogna pensare a un mercato “di condivisione” in contrapposizione con quello tradizionale, ma complementare. In questo senso chiarezza delle regole e integrazione nel rispetto della concorrenza e della tutela dei consumatori sono indispensabili per cogliere al massimo le opportunità di modello di economia che non va ostacolato bensì orientato.
C’è chi pensa che più regole portino ad investire di meno. Come risponde a questa critica?
Non sono d’accordo. Avere norme certe è alla base per fare investimenti più profittevoli perché viene abbassato notevolmente il rischio regolatorio che oggi è invece molto elevato e frena – questo sì – l’innovazione.
Tra i punti chiave del provvedimento c’è l’iscrizione degli operatori a un registro ad hoc in mano all’Antitrust e la produzione di un documento di politica aziendale. Troppi oneri burocratici?
Le regole che abbiamo pensato sono snelle. I gestori delle piattaforme avranno la possibilità di proporre un documento di politica aziendale dove rendere note le condizioni che stanno alla base del servizio nonché confrontarsi in via preventiva con l’Autorità. Si tratta di una sorta di autoregolamentazione, che non prevede imposizioni dall’alto, ma si basa sulla costruzione di un dialogo propositivo che può servire a tutti coloro che vogliano proporre sul mercato una nuova piattaforma.
Che succede una volta presentato il documento?
Una volta messo a punto il documento si accede al Registro. In questo modo si abbattono tutte quelle incertezze che possono mettere l’utente in condizioni di scarsa tutela e la piattaforma a rischio di contenziosi: un vantaggio per tutti.
Il testo di legge prevede anche una tassazione diversificata…
Abbiamo voluto definire il limite che determina il passaggio da reddito da condivisione, tassato al 10% – una sorta di integrazione del reddito – a vera e propria attività professionale, che avrà quindi una tassazione maggiore. Una soglia che è stata individuata in 10mila euro. In questo modo si punta a favorire chi mette a disposizione una stanza, ma teniamo fuori gli affittacamere che magari si servono di piattaforme di sharing economy. Il tutto con un duplice vantaggio: da una parte ridurre l’evasione e l’elusione fiscale, dall’altra mettere un freno a fenomeni di concorrenza sleale.
Non tutte le piattaforme di sharing economy saranno inquadrate nella nuova cornice legislativa. Sono ad esempio escluse – recita la legge – le “piattaforme che operano intermediazione in favore di operatori professionali iscritti al registro delle imprese”. Per semplificare: Uber Black sarebbe fuori dal perimetro delle nuove regole, mentre Airbnb dentro. Perché questa distinzione?
Perché Uber Black (il servizio che mette a disposizione Ncc tramite la piattaforma ndr) si limita a fare da intermediario a professionisti che già sono sottoposti alla legislazione vigente e qualificati tramite il registro delle imprese. Quello che interessa a noi è governare un tipo di fenomeno diverso, finora totalmente deregolato.
Crede che questo tipo di normativa “leggera” possa funzionare?
Credo che sia una buona base di partenza. Si tratta comunque di una proposta di legge migliorabile nel suo iter di approvazione. In questo senso restiamo aperti a tutti i suggerimenti, soprattutto sul fronte della pubblica amministrazione che rappresenta un ambito di applicazione realmente innovativo.