Il caso Google Shopping in Europa non è chiuso: 41 piattaforme europee degli acquisti comparativi si sono rivolte all’antitrust Ue chiedendo di agire contro l’azienda americana perché non avrebbe rispettato l’ordine che imponeva di smettere di svantaggiare in modo sleale i concorrenti.
La Commissione europea ha inflitto a Google nel 2017 una multa di 2,4 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nel servizio Shopping (caso T‑612/17 Google v European Commission) e ha ordinato di porre fine al comportamento anti-competitivo. Per molti di questi servizi, si legge nella lettera inviata agli uffici del commissario Margrethe Vestager, Google non ha ottemperato all’ordine e ciò mette a rischio la loro stessa esistenza.
La lettera all’antitrust dell’Ue, visionata da Reuters, è stata firmata da aziende di 21 paesi europei, tra cui Idealo, il secondo maggiore servizio europeo di comparazione dei prezzi e parte del gruppo editoriale Axel Springer, il numero uno polacco Ceneo, la britannica Kelkoo e le piattaforme ceche Foundem e Heureka.
L’abuso di mercato “non è stato corretto”
“Ci rivolgiamo a lei”, scrivono le 41 piattaforme europee alla Vestager, “perché aziende come le nostre sono messe in pericolo da Google che consapevolmente evita di conformarsi alla legge”. Secondo le aziende europee dello shopping comparativo il “rimedio” offerto da Google di permettere ai rivali di partecipare alle aste per gli spazi pubblicitari in cima ai risultati di ricerca non ha portato più traffico sui loro siti. Alcuni competitor si sono visti costretti a chiudere i battenti e molti altri saranno spinti a farlo, si legge nella lettera.
I firmatari non propongono altri rimedi per riportare l’equilibrio sul mercato ma spiegano: “Siccome Google mette in ordine e mostra i risultati del suo servizio shopping in posizione più favorevole rispetto ai servizi concorrenti nelle sue pagine di ricerca, l’abuso individuato non è stato corretto” e il sistema delle aste proposto come rimedio ha peggiorato la situazione per la concorrenza.
Google sostiene il contrario: la scorsa settimana il senior executive Oliver Bethell ha affermato a una conferenza che ora 600 aziende prendono parte alle aste per lo spazio pubblicitario più rilevante e questo dimostrerebbe che le aste hanno accresciuto la competizione.
Il caso Google Shopping
Nella sua decisione del 2017, l’antitrust europeo ha affermato che Google ha abusato della posizione dominante sul mercato in quanto motore di ricerca accordando un vantaggio illegale a un altro suo prodotto, il servizio di acquisto comparativo; per questo la Commissione europea ha inflitto l’ammenda da 2,42 miliardi di euro. “Google ha abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca per promuovere il suo servizio tra i risultati della ricerca e per retrocedere quello dei concorrenti”, ha dichiarato Margrethe Vestager. “Google ha tenuto un comportamento illegale ai sensi delle norme antitrust dell’Ue perché ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto, ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.”
Google Shopping, nato nel 2013 dal precedente Google Product Search (attivo dal 2008), consente ai consumatori di raffrontare i prodotti e i prezzi online e individuare offerte proposte da rivenditori online di tutti i tipi, tra cui negozi online dei produttori, piattaforme come Amazon e eBay e altri rivenditori. Google ha sistematicamente attribuito una posizione preminente al proprio servizio di acquisti comparativi, visualizzandolo in cima ai risultati della ricerca o comunque tra i primi; ha invece retrocesso i servizi concorrenti di acquisti comparativi, ha spiegato la Commissione, aggiungendo che i consumatori cliccano molto più spesso sui risultati più visibili, ossia quelli che appaiono più in alto su Google.
Nel caso sul servizio Shopping, oltre al pagamento della multa, a Google è stato ordinato di porre fine al comportamento anti-competitivo entro 90 giorni. Tuttavia per le piattaforme rivali, come dimostra la lettera inviata alla Vestager, Big G non avrebbe affatto messo fine al comportamento sanzionato.
Fronte aperto con l’antitrust Ue
L’azienda americana ha subito altre multe dall’antitrust europeo: 1,49 miliardi di euro per abuso di posizione dominante con la piattaforma AdSense nel settore della pubblicità per motori di ricerca e 4,34 miliardi per abusi con il sistema operativo Android. I ricorsi di Google sono ancora in corso.
Ad agosto di quest’anno gli uffici della Vestager hanno aperto un ulteriore dossier per esaminare se il motore di ricerca americano, con il suo prodotto Google Jobs, favorisce in modo sleale i propri annunci rispetto a quelli delle piattaforme concorrenti del recruiting online. Con la nuova Commissione europea la Vestager ha il doppio ruolo di capo dell’antitrust e delle politiche sul digitale e potrebbe inasprire le azioni a tutela della concorrenza con un nuovo giro di vite sulle Big Tech.