Commissione europea, Europarlamento e Consiglio d’Europa hanno raggiunto un accordo per vietare il cosiddetto geoblocking. In realtà per molti commentatori si tratta di una vittoria a metà per i consumatori – così come per il Commissario al digital single market Andrus Ansip che puntava a uno zero geoblocking totale – perché il divieto resta per l’audiovideo: nell’Ue il geoblocking dei contenuti audiovisuali online – per esempio l’abbonamento a una Tv in streaming – sarà ancora concesso, a dispetto di quanto chiedono i consumatori, che vogliono essere liberi di vedere il loro canale preferito, per il quale hanno pagato l’abbonamento, anche quando viaggiano.
L’intesa arriva dopo quasi sei mesi di negoziati. Entro Natale dell’anno prossimo sarà possibile fare shopping online acquistando merci e servizi in uno qualsiasi degli stati membri, da uno smartphone superscontato in Polonia o un servizio cloud in Irlanda. L’accordo Ue, però, lascia fuori tutti i prodotti audiovisivi e coperti da copyright: niente musica, quindi, né film, serie tv, sport, ebooks, giochi e così via. Continuerà quindi a restare ‘off limits’ l’acquisto per esempio di un abbonamento a Netflix Francia dall’Italia o l’acquisto di canzoni su iTunes da un Paese diverso dal proprio. I venditori non avranno l’obbligo di vendita né di consegna a domicilio dei prodotti, come inizialmente previsto, né di armonizzare i prezzi
Il geoblocking, ovvero la discriminazione dell’accesso in base alla collocazione geografica dell’utente, non sarà infatti più ammesso solo per tre specifici segmenti: vendita di merci senza consegna fisica; vendita di servizi prestati tramite mezzi elettronici; vendita di servizi forniti in un determinato luogo fisico. C’è un anno di tempo per adeguarsi.
Su questi tre casi in cui il geoblocking sarà vietato, la Commissione Ue presenta anche degli esempi. Vendita di merci senza consegna fisica: un cliente belga desidera acquistare un frigorifero e trova l’offerta migliore su un sito web tedesco. Il cliente ha diritto a ordinare il prodotto e a ritirarlo presso i locali del commerciante o a organizzare la consegna personalmente al suo domicilio. Vendita di servizi prestati tramite mezzi elettronici: un consumatore bulgaro desidera acquistare servizi di hosting per il suo sito web da un’impresa spagnola. Ora potrà avere accesso al servizio, registrarsi e acquistarlo senza dover versare un importo aggiuntivo rispetto a un consumatore spagnolo. Vendita di servizi forniti in un determinato luogo fisico: una famiglia italiana può acquistare una visita a un parco divertimenti in Francia senza essere reindirizzata su un sito web italiano.
Tutto questo serve a equiparare prezzi e servizi per tutti i cittadini Ue, ma, chiarisce la Commissione, il regolamento non impone l’obbligo di vendita e non armonizza i prezzi, ma affronta la questione della discriminazione nell’accesso ai beni e ai servizi laddove questa non sia oggettivamente giustificata (ad esempio da obblighi in materia di Iva o da obblighi giuridici differenti).
Pur restando fuori dall’accordo i contenuti audiovisivi (contrariamente a quanto sempre chiesto dal commissario Ue al Mercato unico digitale, Andrus Ansip) si fanno piccoli passi in avanti sull’apertura di alcuni contenuti protetti da copyright, come giochi, musica e e-book. Inoltre, i consumatori Ue avranno inoltre il “diritto di sapere” che cosa un negoziante offre in altri paesi dell’Unione; per esempio, il servizio musicale in streaming Spotify ha cataloghi diversi nei diversi paesi e dal prossimo anno, se siamo abbonati a Spotify in Italia, potremo sapere tutto quello che la piattaforma offre agli altri, fermo restando che non potremo che adeguarci al suo catalogo italiano e non ci sarà consentito comprare l’abbonamento in un altro paese in cui il catalogo ci piace di più.
Inoltre, il “diritto a sapere” non copre i servizi video come Netflix; qualche osservatore storce il naso perché la Commissione europea si piegherebbe ai colossi di Internet e alle loro condizioni, ma per l’esecutivo Ue le norme approvate oggi sono la base di partenza per estendere il “diritto a sapere” (e possibilmente l’abolizione del geoblocking) a tutti i player.