Rimborsi caso per caso e nuove dinamiche nei rapporti tra i player dei contenuti. Giovanni Maria Riccio, professore di Diritto comparato nell’Università di Salerno e socio dello studio e-lex, spiega a CorCom cosa succederebbe se la Corte di Giustizia dovesse recepire il parere dell’avvocato generale sull’equo compenso, secondo cui il decreto Bondi è incompatibile con norme europee
Il parere della Corte di giustizia configura nuovi rapporti fra i vari stakeholder della filiera contenuti, al di là della singola decisione?
Molto spesso, le decisioni della Corte di Giustizia si uniformano ai pareri, ma un parere, di per sé, non è vincolante. Ad ogni modo, se la sentenza della Corte di Giustizia si dovesse uniformare alle conclusioni dell’Avvocato Generale, allora si determinerebbe la contrarietà al diritto comunitario – e, in particolare all’art. 5 della direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore – del decreto sull’equo compenso. Il problema è che questo decreto, come era stato segnalato da più parti in sede di approvazione, prevede un equo compenso, sotto forma di prelievo per copia privata, per tutti i device, indistintamente, a prescindere dalla loro reale utilizzazione per realizzare copie private di opere tutelate dal diritto d’autore. Faccio un esempio per essere più chiaro: se acquisto una pen drive, un cd-rom o un hard disk è tutt’altro che scontato che lo faccia per copiare opere protette. Potrei farlo per la mia attività imprenditoriale, per distribuire contenuti originali o per mille altre ragioni che nulla hanno a che vedere con il diritto d’autore. Il decreto italiano non considera questa possibilità, ma preferisce, per fare cassa, legittimare un indennizzo a pioggia su tutti i supporti. Inutile ricordare che l’aumento del prezzo dei device ricade, poi, direttamente sui consumatori, sulle imprese o sulle pubbliche amministrazioni che acquistano tali beni.
Per la Siae è la seconda scossa, dopo l’abbandono di Fedez a favore di una società privata di collecting: si sta aprendo una nuova fase?
Parliamo ovviamente di casi differenti, che però, a mio avviso, rispecchiano un atteggiamento analogo da parte della Siae (e, in generale, dei titolari dei diritti d’autore). Da anni si combatte un braccio di ferro – spesso a livello nazionale, senza considerare le ricadute e i conflitti col diritto comunitario – che non porta lontano. La contrarietà del decreto Bondi alla direttiva europea era evidente anche prima che si esprimesse l’Avvocato Generale, la cui opinione, per quanto condivisibile, non stupisce. Allo stesso modo, il monopolio della Siae nel mercato della gestione collettiva dei diritti d’autore è una previsione antistorica e, di fatto, contraria alle regole comunitarie sulla concorrenza. Da quello che percepisco, il recepimento della direttiva Barnier, la direttiva si occupa delle collecting society, non dovrebbe condurre all’abolizione del monopolio esistente: un monopolio, tuttavia, destinato a crollare, perché gli artisti sono insoddisfatti dell’intermediazione della Siae e, come Fedez (che è solo il caso più noto), si stanno rivolgendo a società straniere che offrono maggiori garanzie di trasparenza e di efficienza. Su questo tema sarebbe lecito attendersi un coraggio maggiore da parte degli organi politici, anziché aspettare che il mercato faccia il suo corso, con un danno evidente all’economia nazionale, oppure che qualcuno si debba ricordare, come nel caso odierno, che esiste un giudice a Berlino (o a Lussemburgo…).
Si prevedono rimborsi retroattivi?
Qualora la Corte di Giustizia dovesse recepire il parere dell’Avvocato Generale, il diritto al rimborso potrà avvenire, caso per caso, laddove il produttore (se italiano), l’importatore o il distributore abbiano pagato l’equo compenso anche non effettivamente dovuto, ossia per supporti che avevano fini manifestamente estranei alla copia privata. Il rimborso dovrebbe poter essere richiesto direttamente alla Siae e, in caso di inottemperanza di Siae, passando per il giudice italiano.