I vincitori dei bandi smart cities ancora non hanno ricevuto i finanziamenti dal Miur per avviare i progetti, a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni. E ora si apre il rischio che tutto vada in malora. I progetti vanno completati entro dicembre 2015, infatti, pena la perdita dei finanziamenti europei. Questi in origine dovevano essere di 665 milioni di euro. Adesso ammontano a 350 milioni di euro perché nel frattempo il Miur si è accorto che il Tesoro aveva tolto 300 milioni di euro dalla disponibilità, a quanto riferiscono fonti vicine a questi progetti.
Insomma, una partita che non solo sta accumulando ritardi- i bandi risalgono a giugno 2012 e i vincitori sono stati confermati a febbraio 2014- ma anche ha già perso risorse e ora rischia il totale fallimento.
Nel decreto del Capo Dipartimento, che approvava in via definitiva i vincitori, si legge che mancano “successivi e appositi decreti di finanziamento” per erogare le risorse ai singoli soggetti. E continuano a mancare. “I decreti arriveranno entro il 10 maggio e poi verso settembre-ottobre arriveranno i fondi per i vincitori. Purtroppo sono risorse in mano al Tesoro, che noi non abbiamo in cassa”, fanno sapere dal Miur.
Si conoscono le cause delle lungaggini precedenti. Se ne sono andati più di sei mesi per una prima fase di valutazione dei progetti e così il Miur è arrivato a febbraio 2013; poi ha valutato la solidità economico-finanziaria dei candidati e ci è voluto fino a ottobre scorso per completare l’analisi. Quindi a gennaio 2014 hanno fatto le visite in loco, per confermare poi a febbraio i vincitori.
Intanto cresce la protesta delle aziende che pur avendo vinto i bandi sono costretti a tenere fermi i progetti, a quanto emerge da alcune lettere arrivate in redazione. I ritardi sono già un danno diretto per molti di loro. Per molti motivi. Primo: trattandosi di progetti di ricerca innovativi, ogni mese è prezioso: i vincitori vedono già nascere aziende concorrenti, con le stesse idee o simili.
Secondo: il bando impone di non avere un contratto di lavoro (se non con un numero di ore esiguo) parallelo a quello della sperimentazione. E quindi i ricercatori non possono trovare un impiego in questo tempo di attesa. Terzo: i progetti si avvalgono di partnership apposite- previste dai bandi- con numerosi soggetti, pubblici e privati (università, pubbliche amministrazioni…). Il danno quindi è esteso a tutto il territorio di riferimento. Quarto: i progetti finanziati hanno un programma di attività di tre anni, come richiesto dal bando, e quindi business plan adeguati a questa tempistica. Ma adesso che i tempi sono saltati, i business plan sono da rifare e potrebbero non essere ugualmente sostenibili.