INNOVAZIONE

Corporate car sharing, dalle aziende la spinta alla mobilità sostenibile

L’utilizzo di app che consentono agli utenti di condividere passaggi porterà grandi risparmi di costi e benefici sul fronte dell’inquinamento urbano. Un primo passo lo stanno già facendo alcune imprese che ottimizzano grazie al digitale la gestione del parco auto interno

Pubblicato il 02 Dic 2016

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Il car sharing è entrato nella nostra vita quotidiana, grazie ai servizi che ormai hanno preso piede nelle grandi città, rendendo possibile la guida anche a coloro che non possedevano un’auto, ma solo una patente e facendo in modo di abbattere i costi di proprietà e di assicurazione.

Sicuramente tutto il mondo delle auto o dell’automotive, come si suole chiamarlo, è il più interessante nell’ottica futura perché la mobilità è un tema caldo ed è dove stanno girando gli interessi dei grandi player.

Basti pensare alle prossime auto che si guideranno da sole ed in cui Google, Apple e Tesla stanno pesantemente investendo, tanto che un nuovo report della Juniper Research rivela che la produzione annua delle future automobili raggiungerà i 14,5 milioni di pezzi nel solo 2025, in crescita in modo significativo dalle poche migliaia nel 2020, per dare una base totale di oltre 22 milioni veicoli di consumo entro il 2025.

Tutto ciò, oltre che ad avere un impatto sull’ambiente e sul nostro stile di vita, avrà anche delle serie ripercussioni sociali, basti pensare a tutte le categorie di lavoratori che, tuttora, vivono conducendo automobili e che vedranno il loro lavoro scomparire del tutto, perché diventerà sempre più chiaro che i confini tra proprietà del veicolo privato, car sharing e flotte di noleggio sarà sempre più sfocata.

Anche se questo è solo il futuro che inizierà ad esserci tra i prossimi cinque anni e più, ciò che invece è ben visibile, e che sta già prepotentemente arrivando, è il tema della smart mobility e della sharing mobility e l’uso delle nuove tecnologie collegate a questa nuova maniera di condivisione.

Della sfera della sharing mobility fanno parte vari servizi di mobilità condivisa come car sharing, bike sharing, scooter sharing, bus sharing, park sharing e car pooling.

Dal primo rapporto sulla Sharing Mobility, realizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility, si evince che l’Italia è il paese europeo in cui la diffusione del bike sharing, in termini di numero di servizi attivi, è più alta, con oltre 200 comuni in cui è attivo e 13.770 bici condivise, e che per il car sharing il numero di veicoli condivisi globalmente in Italia tra il 2013 e il 2015 è quadruplicato, mentre il numero degli iscritti e dei noleggi è cresciuto rispettivamente di dodici e trenta volte.

L’utilizzo di app, che mettono in contatto gli utenti affinché possano condividere un passaggio, porterà dei grandi risparmi di costi, ma anche benefici come un abbassamento dell’inquinamento cittadino che ormai porta città come Roma o Milano al collasso durante i mesi invernali e dove lo smog ed il traffico aumentano a dismisura, basti pensare all’attuazione dei provvedimenti di limitazione del traffico previsti dal nuovo Piano generale del traffico urbano (Pgtu) a Roma.

La soluzione sembra venire proprio dalla mobilità condivisa, visto che da un’indagine condotta dall’agenzia francese per la protezione dell’ambiente (ADEME 2013) emerge che, in alcune grandi città francesi, l’iscrizione a servizi di car sharing registra un aumento del 31% degli spostamenti a piedi e del 30% in bicicletta e del 25% del trasporto pubblico urbano e del treno.

Comunque, il rimedio non passa solo attraverso singoli cittadini, ma da aziende, scuole e pubbliche amministrazioni che creano esse stesse la maggior parte del traffico.

Un primo passo in questa direzione lo stanno già facendo alcune aziende adottando il corporate car sharing, ovvero ottimizzando la gestione del loro parco auto interno e facendo in modo che i dipendenti stessi siano in grado di utilizzarle.

Ormai la smart mobility e la nuova percezione dell’automobile non possono essere fermate; e sicuramente, oltre alle abitudini dei cittadini, ciò che cambierà sarà il tessuto sociale di chi vive e lavora nella mobilità.

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