“Non esiste una città intelligente senza il coinvolgimento della popolazione: quindi da un lato la disponibilità dei dati è essenziale per orientare le politiche dei decisori pubblici, dall’altro serve l’apertura degli amministratori stessi a cedere parte della sovranità del processo decisionale”. Lo dice, nel corso di ICityLab Ettore Di Cesare, Cofondatore e Direttore dei progetti – Associazione Openpolis. “In una società sempre più complessa – spiega -, il governo dei territori appare complicato senza avere un’analisi dei dati che vada oltre la percezione che ogni amministratore ha del proprio territorio. Allo stesso tempo un processo di partecipazione è efficace nella misura in cui riesce ad incidere sulle decisioni finali. Perfino a ribaltare decisioni già prese”.
Ma i dati provenienti da quale fonte: privata o pubblica? A fronte delle enormi quantità di informazioni ora nelle mani delle aziende rischia di emergere lo sforzo richiesto alle amministrazioni per tenere il passo. “C’è stata una prima fase nel corso della quale i dati venivano trattati ‘’un tanto al chilo’. Conclusa questa prima fase serve che le PA pubblichino dati con una ‘buona postura’: dati che abbiano un valore sociale ed economico e entrino a far parte di processi e procedimenti amministrativi in costante aggiornamento”. Questo perché “le aziende non investono su dati pubblici se non sono certi che poi i processi di aggiornamento siano effettivamente costanti: il rischio è che venga compromesso l’investimento iniziale”.
Questo comporta la riduzione del gap informativo tra decisori e cittadini. In assenza di questo processo “i processi di partecipazione ottengono solo un allontanamento dei cittadini dalla politica”.