Innovazione tecnologica sì, ma serve un’inversione di tendenza sugli investimenti. Uno snodo su cui, in occasione dell’evento ICityLab, portano l’attenzione alcuni Comuni medi italiani. “Le smart city noi le facciamo e le faremo non solo se c’è una nuova mentalità, che in effetti sta crescendo – nota Matteo Ricci sindaco di Pesaro -, ma anche se riusciremo come pare a mantenere un’inversione di tendenza sugli investimenti”. Una parte delle smart city vengono realizzate grazie a investimenti pubblici “ed è quindi fondamentale la conferma del fondo vincolato pluriennale”. Ricci auspica che le spese per l’edilizia scolastica vengano tenute “fuori saldo di competenza” perché del resto anche le scuole “hanno molto a che fare con il tema delle smart city”.
Il tema risorse tocca da vicino le “non-metropoli”: “Smart city è una sfida doppia – dice Fulvio Mancuso vicesindaco di Siena -. La premessa è che nelle classifiche competiamo con i giganti: nel 2050 si prevede che il 70% della popolazione mondiale andrà a vivere nelle città. Quindi la sfida è doppia perché assistiamo all’indirizzamento di risorse verso le aree metropolitane, con ricadute immediate su lavoro e imprese. L’altra sfida è la necessità di creare griglie di competitività diverse rivolgendoci alla nostra dimensione territoriale”. Smart city dunque di valorizzazione del patrimonio naturale e artistico. Ma anche di “recupero reputazione”, nel caso di Siena, dovuto al caso Mps, un fronte su cui si sono sviluppate iniziative nate “non un’architettura caduta dall’alto, ma come progetto venuto dal basso”.
Secondo Valeria Troia Assessore all’Innovazione e Smart City di Siracusa si tratta di cambiare passo, per molte amministrazioni, puntando alla costruzione “di una visione di medio e lungo periodo: i dati oggi ce lo consentono. Progetti comunitari come Urbact hanno portato non tanto finanziamenti diretti sulle infrastrutture, quanto sui modelli”. Urbact è il programma europeo che mirato a favorire lo sviluppo di tessuti digitali all’interno di comunità urbane.