STRATEGIE

Smart city alla sfida blockchain: le città diventano laboratori digitali

In ambito urbano si possono testare progetti e modelli di sviluppo all’insegna dell’efficienza e della sostenibilità grazie alla tecnologia di nuovissima generazione. A Firenze, in occasione di Icity Lab 2018, riflettori sulle azioni da mettere in campo

Pubblicato il 14 Set 2018

smartcity

Raramente una tecnologia ha goduto di tanta attenzione a tutti i livelli, anche da parte del mondo politico e istituzionale. Per trovare un clima favorevole come quello che sta accompagnando la blockchain occorre forse tornare ai tempi di Internet, a quel momento “magico” in cui appariva chiaro che il web avrebbe cambiato tanto, ma ancora non si sapeva come. La blockchain gode di grande attenzione e viene chiamata in causa impropriamente come “tecnologia democratica” o più semplicemente (e giustamente) come una soluzione che permette di migliorare le relazioni tra pubbliche amministrazioni e cittadini. A ben vedere anche queste non sono prospettive tanto diverse da quelle che accompagnavano anni fa l’arrivo di Internet. Le prospettive di cambiamento ci sono e sono radicali, ma come?

Le differenze oltre che nella tecnologia sono nel contesto che la accoglie. La blockchain può rappresentare un acceleratore di una evoluzione digitale che è già in corso e che – questo è uno dei punti chiave – può contare su un sistema di monitoraggio e di KPI che permettono di studiare e comprenderne i valori. iCity Rate ad esempio, la ricerca di FPA che analizza 113 indicatori relativi a 15 dimensioni della vita cittadina, permette di leggere un ranking delle performance sul piano dell’innovazione delle città italiane. Se poi guardiamo alle dimensioni sulle quali si misura l’intensità di innovazione, in ragione della qualità della vita dei cittadini, troviamo temi fondamentali come la povertà, l’istruzione, la crescita economica, l’occupazione, la ricerca e l’innovazione, la trasformazione digitale e, senza passarli in rassegna tutti, arriviamo a portare l’attenzione su due in particolare che stanno alla base di un nuovo rapporto tra cittadini e “cosa pubblica”: la trasparenza e la governance.

Per capirne la portata è necessario mettere da parte il clima luccicante da “luna di miele” che porta a considerare la blockchain come la “soluzione di tutti i problemi” e mettere pragmaticamente in diretta relazione le prospettive vere della blockchain con queste due dimensioni e ragionare su cosa vuol dire attuare nuove forme di trasparenza (sui dati e sulle azioni delle pubbliche amministrazioni) e su come cambiare anche i sistemi di regole (Governance) che permettono ai cittadini esercitare la loro azione.

In questa prospettiva le città che fanno innovazione sono dei laboratori “a cielo aperto” dove si sperimentano i modelli di governance percorribili con la blockchain e se ne misura il valore anche in termini di efficienza e di sostenibilità.

Ma perché si deve parlare di una esperienza da “laboratorio”? Ci sono oggi tre ragioni che chiariscono sull’importanza di questo momento.

  1. La prima è che con la blockchain siamo alla “terza Internet”. Dopo la prima Internet delle persone e a ridosso della seconda Internet, quella delle Cose, la blockchain, come rilevato dall’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano, ci conduce all’Internet del Valore e ha le caratteristiche per portare una radicale innovazione nel sistema di relazioni e delle transazioni su asset di valore.
  2. La seconda ragione è che queste fasi di innovazione tecnologica si sovrappongono e nelle Smart City l’utilizzo di blockchain si integra a progetti basati su Internet of Things, su wearable, su uso massiccio di data analytics e sull’Intelligenza artificiale, solo per citarne alcuni. Sono piani di innovazione che si integrano, e non c’è più solo – ad esempio – l’opportunità di disporre di una sensoristica nei servizi di mobilità pubblica che aiuta a conoscere il comportamento dei cittadini e a prendere decisioni in modo più preciso e consapevole. C’è, ed è fortissima, la necessità di dare una identità a ciascuno di questi sensori, di controllarla e di garantire che non sia violata. Ma è solo un esempio.
  3. La terza ragione, molto pratica, è che a differenza del mondo Industriale, dove per le sperimentazioni più avanzate si può applicare il modello Digital Twin, con una replica digitale del prodotto o della macchina che consente di testare e misurare gli effetti reali della sperimentazione senza impattare sulla “realtà” degli altri sistemi di produzione dell’azienda o delle cose, nelle Smart City non si può passare dalla creazione di “gemelli digitali”. Men che meno quando il terreno dell’innovazione è quello delle governance e delle relazioni tra persone e servizi pubblici.

Su quest’ultimo punto la sperimentazione delle Smart City che sceglie di lavorare con la blockchain può essere un laboratorio utile, ovviamente per le Pubbliche Amministrazioni, ma anche per le imprese, che sono alla ricerca di casi di studio, di esperienze, di metriche chiare che permettano di valutare vantaggi e svantaggi.

La governance è sperimentazione applicata al sistema di relazioni tra cittadini e servizi pubblici, è un ripensamento del sistema di relazioni, delle regole di accesso alle informazioni e delle possibilità di creare nuove abitudini e un nuovo rapporto di fiducia con gli enti e le istituzioni e con le informazioni e le azioni che producono ed esercitano ogni giorno. Le “conseguenze” di un rapporto non più basato su un modello centralizzato, controllato da poche persone autorizzate, a modelli che sono invece distribuiti, più vicini al territorio, dove il “controllo” è esercitato dai cittadini tramite la loro stessa partecipazione e dunque con un approccio radicalmente nuovo anche sui temi della trasparenza e della sicurezza, è qualcosa che va sperimentato con un monitoraggio costante e attento.

Proviamo a immaginare alle conseguenze di modelli in cui “tutti vedono tutto” e se qualcuno manipola una informazione non è più necessario che “qualcuno se ne accorga” e che “avverta le autorità competenti”, in quanto, vedendo tutto, tutti se ne accorgono e tutti “sono” o “rappresentano” l’autorità competente. E’ una semplificazione forse eccessiva, ma le nuove e modalità di partecipazione dei cittadini si devono misurare in termini di opportunità e di conseguenze nell’interesse primario dei cittadini di andare nella direzione di modificare le proprie abitudini. Ben sapendo che con questi modelli si mettono in discussione codici di comportamento che sono ampiamente radicati e consolidati nel tempo.

La questione governance è strettamente legata anche a scelte tecnologiche e nel laboratorio delle smart city ci sono anche temi che attengono al rapporto tra l’uso di blockchain pubbliche e private, ai livelli di accesso alla rete, ai processi di validazione, ai criteri di gestione dei livelli gerarchici. Gli indirizzi tecnologici sono intimamente legati alle regole e determinano il sistema di relazioni che le blockchain permettono di instaurare con i cittadini e hanno a loro volta bisogno di essere testati. La curiosità e necessità di conoscere questi effetti non si ferma dentro il “perimetro” delle città, ma si allarga allo sguardo sempre più interessato delle imprese. I modelli di governance che le Smart city possono sperimentare sono e saranno preziosi anche per ispirare l’introduzione della blockchain nei rapporti con i consumatori e comprendere cosa vuol dire fare della trasparenza e della partecipazione diretta un vettore di relazione per gestire informazioni o per assumere decisioni. Per non parlare, ancora ad esempio, dell’e-voting. Senza entrare nella dimensione strettamente politica, la trasparenza su dati e informazioni, condivise tra tutti i partecipanti e “immodificabili e immutabili” unite alla certezza di gestire l’espressione di un voto in modo affidabile, univoco e anch’esso immodificabile e immutabile, rappresentano una prospettiva veramente importante per la quale vanno cercate e testate regole di comportamento e vanno misurate tutte le possibili conseguenze, non solo tecniche ma anche sociali. Questa è una sperimentazione che non ferma all’ambito pubblico, ma può portare nuove prospettive anche alle logiche di partecipazione nelle imprese private.

Con tante variabili, tutte profondamente innovative, l’opera di “misurazione” e di verifica di ICity Rate e di eventi di rappresentazione delle esperienze e di dibattito come ICity Lab sono fondamentali per individuare le buone pratiche e per permettere alle Pubbliche Amministrazioni e alle imprese di indirizzare i processi di innovazione nelle direzioni che meglio possono coniugare le opportunità della tecnologia, le esigenze dei cittadini e la possibilità di incidere e modificare abitudini e attitudini a livello sociale.

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