Apple richiama i suoi dipendenti in ufficio. Dopo vari tentativi falliti a causa delle nuove ondate di Covid, Cupertino chiede ai lavoratori di rinunciare parzialmente allo smart working e di riprendere posto alle proprie scrivanie almeno tre giorni alla settimana a partire da settembre.
La filosofia di Tim Cook e il programma pilota di rientro
“La collaborazione di persona è essenziale per la nostra cultura“, ha detto l’amministratore delegato Tim Cook annunciando che sarà richiesta la presenza fisica il martedì e il giovedì mentre il terzo giorno sarà deciso con i propri manager a seconda delle esigenze. Il programma pilota di rientro “aumenterà la flessibilità del lavoro. Sappiamo che c’è ancora molto da imparare al riguardo e siamo pronti ad ascoltare e crescere insieme nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, ha osservato Cook mettendo l’accento sul fatto che si tratta di un’iniziativa pilota che più essere rivista a seconda delle necessità.
Apple lavora al rientro in ufficio da oltre un anno ma come detto i suoi piani sono stati più volte rivisti per il reiterarsi dell’emergenza sanitaria. Le nuove norme si attueranno inizialmente agli uffici centrali di Apple, quelli nella contea si Santa Clara dove i contagi sono in calo da luglio, per poi ampliarsi altrove. Le difficoltà di Cupertino nel delineare una strategia sul rientro in ufficio riflettono quelle di altri colossi della Silicon Valley nel decidere il futuro post-pandemia. Se da un lato la pressione è alta per tornare alla vecchia normalità di tutti seduti alle scrivanie, dall’altra parte molti lavoratori preferiscono lavorare da remoto e sono disposti anche a licenziarsi pur di non rientrare. Il rischio è quindi quello di una fuga di talenti, alla quale nessuno fra i colossi di Big Tech vuole esporsi.
La Silicon Valley si conferma il paradiso dello smart working
Tuttavia, nel contesto della Silicon Valley, Apple sta ricorrendo a una delle politiche più stringenti per il rientro in ufficio rispetto a Google, Microsoft e Amazon che di recente di sono mostrate più aperte al lavoro da remoto. Mark Zuckerberg ha comunicato ai dipendenti di Meta che lo smart working è incoraggiato e molti dei suoi manager, inclusi l’amministratore delegato di Instagram Adam Mosseri e il presidente degli affari globali Nick Clegg, ne hanno approfittato.
Amazon lo scorso ottobre ha spiegato che la presenza in persona sarà stabilita dai manager e che non sarebbero stati imposti requisiti specifici, con l’unica richiesta ai dipendenti di essere in grado di raggiungere l’ufficio con 24 ore di preavviso. Per Airbnb i dipendenti sono liberi di lavorare ovunque nel paese in cui sono basati e per 90 giorni l’anno ovunque fra 170 paesi.
La linea scelta dalla maggior parte delle Big Tech californiane è ben più morbida di quella di New York, dove molti amministratori delegati richiedono da tempo a tutti la presenza di persona ogni giorno scontrandosi, soprattutto nelle grandi città, con le resistenze dei dipendenti. Nella capitale finanziaria americana, molti addetti di Wall Street preferirebbero restare a casa invece di essere costretti all’uso della metropolitana e a esporsi a una città sempre più violenta e sporca, dove il Covid continua a circolare rapidamente. La loro contrarietà al rientro in ufficio si scontra non solo con quella dei loro capi ma anche con quella del sindaco di New York Eric Adams, convinto sostenitore di una riapertura al 100% a sostegno dell’economia della città. Finora comunque il muro dei dipendenti regge: solo il 40% degli uffici di New York è occupato.