Il lavoro agile ha bisogno di una normativa agile. No a regole rigide da parte del legislatore, sì a un ventaglio di opzioni di applicazione che rispettano la flessibilità dell’alternanza tra lavoro in sede e lavoro da remoto in vera ottica di Hybrid work. Questa la sintesi dell’intervento di Laura Di Raimondo, direttore di Asstel Assotelecomunicazioni, nel corso dell’audizione presso l’XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato della Camera sulle proposte di legge in materia di lavoro agile e lavoro a distanza.
“L’esperienza maturata nella nostra filiera può dimostrare che, per favorire il consolidamento del lavoro agile, bisogna evitare un irrigidimento normativo lasciando, all’interno del quadro normativo di principio definito dal legislatore, spazio alla contrattazione collettiva o alla singola organizzazione aziendale di declinare quei principi all’interno dei diversi contesti in grado di adattarsi alle esigenze del lavoro e delle persone. Solo così si potranno valorizzare i gradi di libertà che il lavoro agile può offrire a imprese e lavoratori”, ha affermato Di Raimondo.
La filiera delle Tlc e il punto di equilibrio dell’Hybrid work
“La progressiva crescita e diffusione del lavoro agile e l’esperienza maturata con la remotizzazione dell’attività lavorativa nel corso della fase di più stretta emergenza sanitaria rappresentano un punto di partenza nell’ottica di accompagnare una vera e propria trasformazione in chiave ‘agile’ dei modelli organizzativi”, ha proseguito il direttore di Asstel-Assocomunicazioni.
“Nelle imprese della filiera delle telecomunicazioni si sta consolidando, in vista del superamento dello stato di emergenza, la tendenza all’adozione di modelli di lavoro agile che privilegino degli schemi ibridi nei quali si alternano presenza fisica e presenza virtuale. Per sostenere questo processo, sarà importante individuare un punto di equilibrio che accompagni questa nuova normalità nella quale lavoro in presenza e lavoro a distanza dovranno integrarsi sempre di più”, ha affermato Di Raimondo.
Il New normal del lavoro: cultura e formazione in primo piano
Il cambiamento è innanzitutto “nell’approccio culturale al lavoro, che deve interessare la generalità dei lavoratori, partendo dalle strutture apicali e di coordinamento, perché il lavoro agile richiede un nuovo tipo di leadership, passando da un forte investimento sulla formazione di tutto il personale permanente e certificata per lo sviluppo di competenze che riguardano sia digital e soft skill, sia competenze specifiche”, ha detto ancora la top manager in audizione alla Camera. “Le imprese Tlc, attraverso i molti accordi sottoscritti, hanno provato a declinare questo nuovo modello di lavoro agile ‘ibrido’, cercando di contemperare esigenze di produttività e competitività con quelle di un più soddisfacente equilibrio tra lavoro in presenza e virtuale con la vita privata”.
Lavoro agile: scontro sulle regole
Nel corso dell’audizione in Commissione Lavoro alla Camera sulle proposte di legge in materia di lavoro agile è intervenuta anche la Cna sottolineando che “La contrattazione collettiva dovrà avere un ruolo centrale nella riforma dell’impianto normativo”.
“Il lavoro agile ha conosciuto un fortissimo sviluppo durante la pandemia evidenziando potenzialità ma anche limiti e rischi della normativa in vigore dal 2017. La Confederazione pertanto apprezza l’interesse del legislatore a rivedere una regolamentazione troppo fragile rispetto al fenomeno dello smart working”. In particolare, per la Cina va invertita la rotta seguita finora e che prevede l’accordo individuale tra dipendente e impresa senza alcun ruolo per la contrattazione collettiva”. Al contrario, una riforma dovrebbe fare del contratto collettivo di lavoro “lo strumento principale per disciplinare il rapporto di lavoro, in quanto garantisce uniformità di trattamento per i lavoratori e consente di cogliere le specifiche esigenze e potenzialità dei vari settori”.
Di opposto parere Elisa Medagliani, responsabile normativa del lavoro di Federdistribuzione:“La cornice normativa” della legge n. 81 del 2017 “attraverso l’accordo individuale, a nostro parere, consente di disciplinare in modo esaustivo tutti gli aspetti del lavoro agile. Parliamo dell’orario, dei tempi di riposo, del diritto di disconnessione. Questa normativa risulta sufficientemente esaustiva e anche flessibile”. Qualsiasi modifica o intervento normativo “non porterebbe ad una diffusione ulteriore del lavoro agile. Anzi: allontanerebbe le imprese da questo istituto perché ne irrigiderebbe” la sua applicazione.
“Non abbiamo dubbi nell’affermare che la legge 81 del 2017 è stata e resta un efficace dispositivo per la diffusione dello smart working e che il lavoro agile debba essere difeso e diffuso principalmente come strumento di innovazione organizzativa e non come strumento di welfare” ha affermato Arianna Visentini, illustrando la posizione di Variazioni e le ultime evidenze emerse dalle rilevazioni sul campo.
Secondo il rapporto presentato alla camera, lavoratori e manager non vogliono rinunciare al lavoro agile: su un campione di oltre cinquantamila lavoratori e manager analizzati dall’ufficio studi di Variazioni l’85% delle persone vorrebbe estenderlo oltre due giorni alla settimana e chiede più flessibilità.
“A nostro avviso le norme esistono, vanno applicate e controllate. Eviteremmo la ridondanza normativa di una nuova legge”, ha detto Arianna Visentini, ceo di Variazioni srl. “La legge esistente a nostro avviso può funzionare. Consideriamo rischiosa l’introduzione di nuovi istituti. Crediamo che farla funzionare per come è stata pensata possa essere un ottimo approccio, legato anche alla diffusione di una cultura del lavoro agile”.