Smart working, Bentivogli: “Occasione di crescita professionale, puntare sugli e-skills”

Il segretario generale della Fim Cisl: “Il lavoro agile è già realtà. Solo chi gira al largo delle fabbriche non si accorge che lo scenario è cambiato. Interessante la proposta Sacconi sull’alfabetizzazione digitale”

Pubblicato il 09 Mar 2016

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Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente: l’ascesa di nuove tecnologie integrate ai processi produttivi come l’Internet of Things, i big data, le stampanti 3D, stanno ridisegnando l’idea di lavoro e di fabbrica. Con la quarta rivoluzione industriale o “Industry 4.0” si sta uscendo da un’idea del lavoro fordista e si va riconfigurando l’idea di lavoro secondo nuovi paradigmi che implicano per il lavoratore nuove mansioni, ruoli e competenze, ma anche innovazioni organizzative, tra cui nuove articolazioni dell’orario di lavoro. L’approvazione in Consiglio dei Ministri del disegno legge sul lavoro agile, meglio conosciuto come smart working, ha aperto un dibattito anche all’interno del sindacato dei metalmeccanici, in queste settimane tra l’altro impegnato nel rinnovo del contratto nazionale. Ne parla con CorCom Marco Bentivogli, leader della Fim Cisl, tra i primi nel sindacato a occuparsi di questi argomenti, a cui ha dedicato anche un libro fresco di stampa, “#Sindacatofuturo in Industry 4.0”, edito da Adapt Press.

Bentivogli, come giudica le misure sullo smart working allo studio del Governo?

Per sgombrare subito il campo da possibili fraintendimenti, il lavoro agile non è solo la versione aggiornata del telelavoro, come qualcuno pensa. E’ qualcosa di diverso, perché ridisegna il rapporto tra uomo e tecnologia. L’approvazione in Consiglio dei Ministri del disegno legge sul lavoro agile segue una serie di accordi sindacali che abbiamo realizzato in questi anni in diverse aziende metalmeccaniche. Sono accordi che, con il cosiddetto lavoro intelligente, cercano di rispondere alle nuove esigenze delle persone e di conciliarle con quelle dell’organizzazione del lavoro. Nelle misure del Governo, uno dei punti che andrà definito è sicuramente l’accordo individuale tra lavoratore e impresa, in coerenza con la contrattazione collettiva, relativo alle tipologie di lavori che possono essere svolte anche fuori dall’azienda e gli obiettivi richiesti ai lavoratori.

Quale può essere il ruolo della contrattazione nazionale?

Può fornire delle linee d’indirizzo sulle quali si può innestare la contrattazione nelle singole imprese. Poi sarà la contrattazione decentrata a scendere meglio nel dettaglio delle peculiarità delle esigenze aziendali e individuali, poiché solo un ambito sindacale di prossimità può cogliere e rappresentare le specificità. Gli accordi siglati sono il frutto del dialogo intenso tra le rappresentanze sindacali e le aziende, e sono indicative di relazioni sempre più improntate alla partecipazione, in grado di progettare innovazione e miglioramento delle condizioni di lavoro. Oltre agli interventi legislativi su questo tema, è necessario che il Governo investa sulla diffusione della banda larga e dell’ultra banda, infrastrutture base per rendere efficaci e funzionali tutte le nuove modalità di lavoro collegate a Industry 4.0. Trovo interessante, invece, nella “proposta Sacconi” le misure e le risorse destinate a incentivare e promuovere l’alfabetizzazione digitale certificata.

In queste ore all’interno dei sindacati si stanno sollevando grandi perplessità sullo smart-working. Qual è la sua lettura di queste posizioni?

Solo chi gira al largo delle fabbriche, non sa che per molti lavoratori la dimensione spazio-temporale di quella che una volta si chiamava “prestazione lavorativa” è già radicalmente cambiata. Non serve atteggiarsi a futurologi, basta guardarsi attorno, leggere alcuni accordi sindacali che dai servizi si stanno diffondendo al manifatturiero, per comprendere che lo smart- working è già realtà in molte imprese più innovative e competitive. Per citare qualche esempio, alla General Motor PowerTrain di Torino, grazie all’ accordo tra le parti, è possibile per gli ingegneri impegnati nella progettazione e nei test di nuovi propulsori diesel effettuare la gestione in remoto di alcuni processi produttivi, oppure alla Hendress Hauser di Milano, azienda tedesca di strumenti di precisione, dopo una sperimentazione di 4 anni, è oggi strutturale un accordo con il sindacato per una flessibilità dell’organizzazione del tempo di lavoro in favore del lavoratore. Ma anche in Almaviva, nel gruppo nazionale dell’Itc, alla Micron multinazionale USA dei semiconduttori o in Finmeccanica, colosso nazionale dell’elettronica, difesa e spazio che – divenuta One Company – ha recentemente varato con tutte le organizzazioni sindacali un nuovo accordo integrativo che contemplata la modalità organizzativa dello smart-working.

In che misura questa nuova modalità di lavoro riguarderà anche i lavoratori metalmeccanici? Che percezione registra tra gli iscritti sul lavoro agile?

Il lavoro agile riguarda già una parte dei lavoratori metalmeccanici e il numero crescerà man mano che aumenterà l’integrazione tra le nuove tecnologie digitali, la rete e la fabbrica. Paradossalmente in questo senso la “nuova fabbrica 4.0” può ridare centralità alla persona con la modifica del luogo di lavoro, del concetto di tempo e delle competenze. Quello che una volta era il “lavoratore massa” oggi diventa co-progettatore e co-decisore nello sviluppo della fabbrica, per cui è molto probabile che ci sia un’evoluzione dei ruoli e delle skills professionali, ma anche una maggiore possibilità di auto gestione del lavoro. Questo ultimo aspetto si inserisce appieno nel welfare contrattuale e nella discussione che stiamo affrontando nel rinnovo del contratto nazionale, assieme al diritto soggettivo alla formazione e alle flessibilità orarie. Lo smart-working, infatti, può rappresentare anche una modalità concreta di conciliazione rivolta a far sì che famiglia, lavoro, crescita professionale e vita privata non siano considerate dimensioni tra loro incompatibili o in alternativa l’una d’altra.

Come si possono superare le resistenze che si registrano ancora in questo campo?

La nostra idea è che, se per una volta, il sindacato riuscirà ad anticipare i cambiamenti, avrà la possibilità insieme ai lavoratori di dire la propria e di giocare un ruolo fondamentale, non in difensiva o in rimessa come è accaduto troppo spesso. La Fim sa che tutte le partite giocate in difensiva, nella migliore delle ipotesi, possono aiutare a ridurre i danni, ma mai a vincere. Invece noi siamo un sindacato lontano dallo “sconfittismo” e al contrario vogliamo far vincere il lavoro. Le paure quindi si superano, studiando e anticipando il fenomeno e attivando percorsi negoziali innovativi in grado di far evolvere e superare le resistenze culturali.

Quale contributo può dare il sindacato a questa evoluzione del lavoro?

La contrattazione e la partecipazione possono svolgere un ruolo fondamentale. Il contratto nazionale fornirà le linee guida e la necessaria cornice normativa, ma servirà anche come strumento di promozione delle innovazioni organizzative per allentare le resistenze culturali. La contrattazione di secondo livello favorirà la diffusione delle buone pratiche. In questo senso come Fim abbiamo da tempo avviato un cantiere di studio e ricerca sul cambiamento del lavoro con l’avvento dell’industry 4.0 e messo a punto delle linee guida sullo smart-working per la contrattazione nei luoghi di lavoro a supporto dei nostri delegati. Un sindacato che studia, approfondisce, diffonde conoscenza e promuove innovazione è un sindacato utile, il Sindacato che serve al nostro Paese. Insomma lo smart-working nelle smart-factory non possono non avere uno strong & smart Union.

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