Chiara Bisconti, assessora al Benessere del Comune di Milano, ha un passato nella grande impresa e fin dall’inizio della sua avventura politica ha caldeggiato a più riprese la formula del lavoro agile nel settore privato e in quello pubblico.
Che cosa pensa dell’approvazione del DDL sul lavoro agile?
È motivo di grande orgoglio per me e per Milano. Il lavoro della nostra Amministrazione è stato preso a modello per una sperimentazione nazionale. La stessa definizione di lavoro agile è “made in Milano”. La macchina si è messa in moto: per il nostro paese può avviarsi una piccola-grande rivoluzione.
Esistono margini per migliorare il testo?
Certo, tutto è perfettibile. Il lavoro parlamentare dovrebbe poter apportare contributi ulteriori. Il testo è comunque l’esito di un concorso di tutte le parti in causa: recepisce una discussione di anni nelle aziende multinazionali e una sperimentazione che è diventata visibile e dibattuta proprio a partire dalle Giornate del lavoro agile promosse da Milano. Come sapete, anche la P.A. potrà fare ricorso al lavoro agile: questo presenta ancora qualche resistenza consistente che dovrà essere superata.
Che cosa cambierà in concreto con l’approvazione finale?
Mi attendo cambiamenti misurati, ma persistenti e di prospettiva lunga. I manager delle aziende e i dirigenti degli Enti pubblici non avranno più l’alibi della scarsa sicurezza. I lavoratori potranno chiedere di dar corso a questa modalità anche soltanto per alcuni giorni al mese. Potranno beneficiarne anche i Piani territoriali e le politiche per la mobilità urbana: le città potranno sollecitare il lavoro da remoto nei giorni di massimo inquinamento o in periodi di difficile accessibilità, come in caso grandi nevicate. Se verrà intesa come politica urbana – oltre che politica d’impresa e Welfare aziendale – potrà diventare un’azione per il benessere di tutta la città, senza aggravio di costi.
Come si superano le resistenze culturali?
Bisogna ricordare che per i dipendenti non significa eliminare i contatti con l’azienda. Il lavoro agile consente di lavorare a distanza in alcuni momenti, ma di mantenere per la maggior parte del tempo un’occupazione fissa presso il posto di lavoro. È una piccola rivoluzione con grandi potenzialità. I freni culturali permangono e attengono, come dicono gli studi, l’idea di alcuni manager di dover controllare direttamente e a vista il dipendente e, sul fronte opposto, il timore del lavoratore con bassa qualifica di essere relegato a ruolo sempre più marginale. La possibilità di vivere senza preoccupazioni i cambiamenti è nella natura umana, ma la consapevolezza del lavoro agile sembra comunque diffondersi positivamente.
A che punto siamo con il lavoro agile nella P.A. e nel Comune di Milano?
Nella settore pubblico ci sono ancora molte resistenze e diverse difficoltà, specialmente di carattere culturale più che organizzative. Le cose, però, stanno cambiando. Lo vedo qui, nella nostra città. Cresce l’interesse, si aprono disponibilità, si valutano soluzioni nuove che fino a due anni fa erano considerate un tabù. Il Comune metterà presto a disposizione circa 400 postazioni in tutta la città per agevolare la scelta dei lavoratori. Sono convinta che lo sviluppo della città metropolitana e la collaborazione tra le diverse amministrazioni potrà aprire uno scenario del tutto nuovo, ma è importante il sostegno di tutte le associazioni sindacali.
Il 18 febbraio è la giornata del lavoro agile a Milano. Che cosa prevede?
Ancora una volta il Comune si pone come catalizzatore per Enti, aziende, liberi professionisti. Nelle edizioni 2014 e 2015 i dipendenti delle circa 150 aziende ed Enti aderenti hanno risparmiato in un giorno circa due ore di viaggio, utilizzandole per sé, la famiglia e il tempo libero. I mezzi privati hanno ridotto la circolazione per circa 150.000 km nel 2014 e circa 170.000 km nel 2015. Vantaggi per l’ambiente e i lavoratori sono evidenti, oltre al miglioramento della competitività delle imprese. Mi aspetto un’ulteriore conferma e un numero ancora più alto di adesioni.