Tra le sfide che la nuova normalità dovrà affrontare, c’è sicuramente quella dei cosiddetti accomodamenti ragionevoli (come li definisce la Convenzione Onu) per l’inclusione di lavoratrici e lavoratori agili con disabilità, ossia di quelle soluzioni e di quei dispositivi atti a rendere l’ambiente di lavoro agile da remoto, sempre più smart e adatto alle varie forma di disabilità (più o meno grave). Se n’è parlato nell’ambito del progetto VeLA-Emilia-Romagna SmartWorking, nel mese di settembre, in un webinar specifico in collaborazione con Fondazione Asphi Onlus.
Sono stati affrontati i temi delle principali disabilità impattate dallo Smart Working emergenziale in pandemia, ossia deficit sensoriali della vista e dell’udito. Remotizzare, in tempi strettissimi, la totalità dell’esperienza di lavoro, ha costituito per i lavoratori con disabilità una criticità; tuttavia, con il giusto mix di tecnologie e formazione, la sfida in quella che sarà la nuova normalità non deve scoraggiare e deve puntare a rimuovere le “barriere di diversa natura che possono ostacolare la (…) piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri” delle persone con disabilità. [Convenzione Onu, Articolo 1].
Vengono quindi in aiuto, nel caso della sordità, tecnologie di riconoscimento vocale quali App di traduzione istantanea, dettatura veloce, telefoni amplificati, avvisatori luminosi, fino ad arrivare a soluzioni integrate di sensoristica e wearable device. O ancora, in caso di problemi alla vista, si potrà lavorare sul contrasto cromatico o su sistemi di traduzione braille, fino all’adozione dei più moderni screen reader o applicativi di sintesi vocale avanzata per il web.
Insomma, per una progettazione di un ecosistema digitale inclusivo per la nuova normalità non si potrà prescindere dall’approfondire questi temi e diritti fondamentali.