L'ANALISI

Smart working, si apre la partita nella PA

Il lavoro agile sta prendendo piede anche nell’amministrazione pubblica. Ma per spingere la svolta serve un forte commitment istituzionale. L’analisi di Guelfo Tagliavini, consigliere di Federmanager

Pubblicato il 26 Nov 2018

Guelfo Tagliavini

Consigliere Federmanager Roma

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Con andamento lento e con qualche improvvisa accelerazione, il convoglio dello “smart working”, il pendolare dalle tante fermate, continua la sua corsa. Nell’ultimo anno, dall’approvazione della legge 81 del Maggio del 2017, non v’è dubbio che qualcosa sia cambiato.

Se a trascinare l’applicazione di modalità innovative di lavoro sono state, fino a pochi anni fa, le sole grandi aziende private, filiali italiane di multinazionali radicate in Paesi nei quali il fenomeno dello smart working rappresentava una normale modalità di lavoro applicata per favorire produttività e criteri di welfare, da qualche tempo non sono solo le grandi società private ad aver avviato progetti e sperimentazioni di dette soluzioni anche da noi.

Assistiamo infatti ad un risveglio anche da parte di una serie di Pmi, quelle prevalentemente orientate al mercato dei servizi e, soprattutto ad un crescente avvicinamento al tema da parte della PA centrale e locale. Quest’ ultimo fenomeno promosso con l’etichetta di “lavoro agile” si sta diffondendo anche grazie ad una serie di iniziative avviate dal dipartimento Pari Opportunità sostenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Interessante, al riguardo, la “Prima giornata di lavoro agile di Roma” che si terrà il prossimo 13 Dicembre al Tempio di Adriano. Il cosiddetto smart working sta prendendo piede, anche se con il consueto ritardo, anche nel nostro Paese.

Sarà molto importante che i tempi di applicazione di dette modalità nell’ambito della PA, abbiano la stessa cadenza di quella che il privato sta attivando; in caso contrario si assisterebbe, anche in questo campo, ad un “divide” che acuirebbe ancora di più le differenze, in termini di produttività ed efficienza, tra pubblico e privato.

Viceversa una forte spinta ed un sostegno istituzionale all’applicazione di modalità innovative di lavoro nella pubblica amministrazione potrebbe rappresentare una vera e propria iniezione di vitalità nella macchina statale facendole recuperare ritardi ed immagine nei confronti dei propri “utenti”.

Sono convinto che i provvedimenti avviati dallo scorso Governo riguardanti l’attivazione del piano Industria/Impresa 4.0 siano stati utili non solo per un’innovazione generalizzata delle infrastrutture tecnologiche propedeutiche allo sviluppo dei nuovi modelli di business ma anche all’avvio di programmi di ristrutturazione dei processi interni che hanno modificato radicalmente il modo di lavorare.

Se di questi nuovi criteri si avvantaggeranno comunque le nuove generazioni sarebbe colpevole oggi non mettercela tutta per tentare di recuperare il più velocemente possibile il divario che abbiamo accumulato, in tanti anni, rispetto alla stragrande maggioranza dei Paesi Europei.

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