GRAFENE

Smartphone, batterie “super-cariche”: la scoperta è made in Italy

Messa a punto da Alessandro Baraldi, docente di Fisica della Materia dell’università di Trieste, una tecnica per sfruttare le potenzialità del grafene. In campo anche il Cnr

Pubblicato il 29 Set 2014

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Telefonini carichi più a lungo, computer che non si surriscaldano eccessivamente, monitor sottilissimi e flessibili, futuri transistor super-potenti: diventeranno possibili grazie alla tecnologia, nata in Italia, che per la prima volta permette di sfruttare in pieno tutte le capacità del grafene. Descritta sulla rivista Nature Communications, la tecnica si deve al gruppo di Alessandro Baraldi, docente di Fisica della Materia dell’Università di Trieste e responsabile del Laboratorio di Scienze delle Superfici del centro Elettra Sincrotrone Trieste. Allo studio hanno partecipato ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), di Regno Unito, Danimarca e Spagna.

“Siamo orgogliosi – osserva Baraldi – di avere aggiunto un nuovo piccolo tassello al complicato puzzle che, quando completo, consentirà di passare dall’era del silicio all’era del grafene”. Erede del silicio, il grafene è il materiale sottile come un atomo con una grandissima capacità di condurre la corrente elettrica a temperatura ambiente. Finora, però, questa capacità non poteva essere sfruttata al meglio perché i metalli con i quali viene combinato il grafene nei dispositivi elettronici ne alterano la struttura e lo rendono meno efficiente. Basandosi sulle nanotecnologie, la tecnica italiana è riuscita ad accoppiare il grafene con l’ossido di alluminio, conservandone la struttura e la capacità di condurre energia elettrica.

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