Il comparto del software in Italia nel 2022, che occupa 137mila persone, ha registrato un balzo del fatturato del 9% per 56,3 miliardi e sono i software gestionali a mettere a segno la performance più elevata con un giro d’affari di 22,4 miliardi pari a una crescita anno su anno del 12% rappresentando il 40% del fatturato complessivo del settore.
È quanto emerge dallo studio “Software nelle pmi: un motore d’innovazione per l’Italia” a cura degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con AssoSoftware.
“Siamo in una fase di assestamento e di consolidamento degli strumenti in uso, in un contesto sicuramente critico per gli investimenti in innovazione, soprattutto per le pmi colpite dalla crisi energetica, dall’aumento dell’inflazione e dalle criticità in alcune catene di fornitura – evidenzia Marina Natalucci, Responsabile della ricerca per gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – Nonostante le complessità emergenti il mercato del software ha registrato una crescita. I passi avanti intrapresi negli ultimi anni nella digitalizzazione hanno fatto leva proprio sul software come strumento per rendere le aziende resilienti agli shock di contesto, come l’emergenza sanitaria, e i benefici percepiti impongono oggi di non arretrare, rinforzando la necessità di una visione strategica su questo comparto economico”.
In aumento le pmi “avanzate”: dal 9 al 13%
Il 54% delle pmi ha rivisto almeno un processo aziendale a seguito dell’introduzione di software, ma mancanza di incentivi e di formazione adeguata rallentano la crescita. Stando all’indice di maturità elaborato dagli Osservatori Digital Innovation e AssoSoftware cresce di quattro punti percentuali in un anno (da 9% a 13%) il numero delle pmi che possono definirsi “avanzate” nell’utilizzo dei software gestionali.
Tra le oltre 500 pmi prese in esame quelle più mature registrano un tasso medio annuo di crescita del fatturato significativamente più elevato. In termini di fatturato e marginalità, con uno storico degli ultimi 5 anni, le aziende più digitalizzate rappresentano rispettivamente il 67% dei ricavi complessivi e il 79% dell’Ebitda. In particolare i benefici più rilevanti riscontrati dalle pmi sono legati all’efficacia e la governance: maggior controllo sui processi (per l’83% del campione), riduzione degli errori (80%), maggiore visibilità e tracciabilità dei flussi di lavoro (79%).
La diffusione dei software gestionali nelle pmi
In termini di adozione delle soluzioni gestionali, si rileva una sostanziale stabilità nei tassi di penetrazione nel comparto delle pmi nel 2022. Fa eccezione la gestione documentale e workflow, che registra un aumento di 5 punti percentuali per un’adozione complessiva da parte del 53% del campione: “La crescente diffusione dello smart working – si legge nel report – ha spinto le organizzazioni a ripensare l’approccio al lavoro e le metodologie con cui portarlo a termine, automatizzando e snellendo flussi e processi trasversali come la gestione dei documenti aziendali”. A seguire la gestione amministrativa e contabile, che registra una dinamica contenuta ma rimane la soluzione software maggiormente diffusa (88%, +1 punto percentuale rispetto al 2022) “in particolar modo a causa dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica, che alza notevolmente l’adozione puntuale rispetto ad altri software”.
Per ricapitolare la classifica vede la gestione del personale (adottata dal 61% delle pmi), il controllo di gestione (58%), la gestione logistica e magazzino (54%), la già citata gestione documentale e workflow (53%), l’approvvigionamento e produzione (50%) e infine il Crm (42%). “Nonostante il contesto economico incerto che ha caratterizzato il 2022 e il 2023, il mercato del software non ha dato segni di cedimento, ma sembra anzi aver attivato una fase di consolidamento delle soluzioni già presenti in azienda. Un esempio di questa tendenza è la crescente attenzione all’ammodernamento degli applicativi in uso: infatti, crescono le pmi che aggiornano completamente le soluzioni adottate (34%; +5 punti percentuali) e si riducono le aziende che mantengono le soluzioni alla loro versione originale (7%, -2 p.p.)”.
Il report evidenzia che il settore è caratterizzato da esigenze in continuo cambiamento: le tecnologie digitali evolvono rapidamente e la filiera del software è dunque dinamica e ricca di opportunità di innovazione: solo il 26% delle pmi si rivolge ad un unico fornitore, mentre la maggior parte sceglie soluzioni diverse per rispondere al meglio ai bisogni aziendali.
Le partnership con i fornitori
Le partnership delle pmi con i fornitori di software ricoprono un ruolo fondamentale: l’86% delle aziende intervistate dichiara di appoggiarsi proprio al personale dei fornitori per sopperire alla mancanza di risorse interne, delegando competenze tecnico-operative altrimenti difficili da reperire. “Accanto a questo processo di esternalizzazione è però fondamentale sviluppare in azienda una visione strategica sul digitale, favorendo un utilizzo pervasivo delle soluzioni digitali introdotte e portando avanti specifiche iniziative di formazione e change management”, sottolinea Piermassimo Colombo, VicePresidente di AssoSoftware. “È evidente che, per ottenere una piena maturità di utilizzo delle soluzioni gestionali e recepirne appieno i benefici di efficienza e di efficacia nei processi aziendali, è necessario lavorare sia sulla dimensione tecnologica, legata all’adozione dei software e alla loro integrazione, sia su quella organizzativa associate alla revisione dei processi e delle modalità di lavoro, così come sulla formazione dei dipendenti, il primo passo per far comprendere ai lavoratori i benefici derivanti da un uso consapevole di queste applicazioni”.
Gli ostacoli sul cammino
Sia le piccole che le medie imprese segnalano in primo luogo la presenza di barriere di carattere culturale; infatti, affermano di soffrire la mancanza di cultura, competenze e persone sul digitale nel 41% dei casi per le piccole imprese, e nel 57% per le medie imprese (maggiore criticità riscontrata per questa categoria di aziende). Un’altra barriera di carattere culturale è la resistenza al cambiamento e la relativa difficoltà d’implementare l’uso del digitale in azienda (40% nelle piccole imprese e 55% nelle medie).
Tuttavia, i due comparti presentano alcune differenze sostanziali. Nel caso delle aziende di piccola dimensione, la difficoltà principale è legata alla capacità di investimento e alla mancanza di incentivi statali dedicati al software (46% delle piccole imprese). Mentre le medie imprese più strutturate dal punto di vista organizzativo, oltre ai freni legati alle competenze e alla cultura, dichiarano uno scarso impegno dei decisori aziendali (31% delle medie imprese), che difficilmente detengono una visione strategica sul digitale e risultano scarsamente coinvolti nella gestione del cambiamento.
I benefici più rilevanti
I benefici più rilevanti sono legati all’efficacia e la governance dei processi: è possibile trovare al primo posto un maggior controllo sui processi (83%) e, di conseguenza, una riduzione degli errori (80%), una maggiore visibilità e tracciabilità dei flussi di lavoro (79%), l’aggiornamento in tempo reale dei dati (78%) e un aumento delle qualità delle attività (76%). Seguono una serie di benefici organizzativi come la migliore collaborazione tra i dipendenti (70%), la maggiore proattività di risposta a problemi e/o cambiamenti (67%) e il supporto a nuove modalità di lavoro come lo Smart Working (60%). Infine, si riscontrano benefici legati alla competitività del business: la maggiore scalabilità dei processi rispetto alla crescita dell’azienda (59%) e l’aumento della marginalità complessiva (48%).
“Il complesso contesto macroeconomico richiede una profonda riflessione sull’importanza del software come motore di resilienza e crescita per le imprese italiane. La filiera del software continua a mostrare solide performance in termini di fatturato e sostiene iniziative imprenditoriali” conclude Pierfrancesco Angeleri, Presidente AssoSoftware. “Nonostante i benefici derivati dal software gestionale, capace di sfruttare in modo efficace le competenze digitali e di produrre crescite del fatturato e di utili nel tempo, esistono ancora oggi ostacoli culturali nelle imprese che ne devono ancora comprendere appieno il valore. In questo scenario, è fondamentale che il governo sostenga concretamente, nell’ambito del nuovo Piano “Transizione 5.0”, la diffusione del software tra le aziende italiane, in modo da consentire a tutte le imprese, anche quelle medio-piccole, di adottare il software come elemento abilitante per la crescita e la competitività”.