È Bologna la città italiana dove vivono le persone più competenti per quanto riguarda le tecnologie digitali e la sostenibilità e capaci di mettere in pratica la loro consapevolezza con azioni concrete. Seguono Roma Capitale e Venezia, mentre Reggio Calabria è il fanalino di coda. A rilevarlo è Disi City, la nuova ricerca condotta dalla Fondazione per la sostenibilità digitale. Lo studio mette a fuoco il rapporto fra digitale e sostenibilità nei cittadini delle 14 città metropolitane italiane.
I risultati non sono incoraggianti, perché evidenziano la mancanza di infrastrutture digitali necessarie per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità previste dal Pnrr e un ulteriore aumento del digital divide tra il nord e il sud del Paese.
La classifica Disi City
Il Disi City analizza il livello di consapevolezza, di competenza e di azione delle persone rispetto ai diversi ambiti di ricerca: predisposizione verso la tecnologia, predisposizione verso la sostenibilità, relazioni tra tecnologia e sostenibilità in generale, relazioni tra tecnologia e sostenibilità in merito a convinzioni e comportamenti specifici relativi a specifici verticali tematici. Nelle città emergono così 4 tipi di cittadini (o 4 cluster): sostenibili digitali, sostenibili analogici, insostenibili digitali e insostenibili analogici.
La classifica generale nelle sue prime posizioni premia quelle città metropolitane nelle quali la consapevolezza dell’uso sostenibile delle tecnologie utilizzate è maggiormente diffusa sul totale della popolazione: in particolare Bologna, Roma Capitale, Venezia. Potrebbe stupire la bassa posizione in classifica di alcune città fortemente infrastrutturate, come Milano o Torino, ma questo dipende dal fatto che l’indice non misura la diffusione delle infrastrutture, ma quanto le persone le usino consapevolmente in ottica di sostenibilità. In queste realtà urbane, infatti, le infrastrutture tecnologiche sono considerate come una “commodity” ed il loro ruolo come abilitatori di sostenibilità non è percepito dai cittadini. La sostenibilità, cioè, non è un driver, ma è un elemento secondario dell’ampia disponibilità di tecnologie e servizi presenti in questi contesti urbani dove le persone, pur facendo uso di tecnologie utili per la sostenibilità, lo fanno senza rendersi conto di questo rapporto funzionale. Prendendo ad esempio il car sharing, si è visto che nella maggior parte dei casi questo viene utilizzato perché è comodo, piuttosto che perché è sostenibile.
Premiata la cultura della sostenibilità
“Comprendere le ragioni per le quali i cittadini utilizzano strumenti e servizi pensati per supportare obiettivi di sostenibilità è fondamentale, in quanto consente di agire di conseguenza sulle politiche pubbliche”, afferma Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la sostenibilità digitale. “Si potrebbe pensare che è sufficiente analizzare il livello di adozione di strumenti e servizi sostenibili, ma siamo convinti che non si possa fare davvero sostenibilità senza cultura condivisa della sostenibilità, così come senza consapevolezza del ruolo del digitale per tali obiettivi. Per questo abbiamo sviluppato l’indice Disi, che quest’anno decliniamo sulle città metropolitane”.
Il gap dipende dalle infrastrutture
In questa ottica Bologna, che ha una popolazione di oltre 1 milione di abitanti, è risultata al primo posto fra le città metropolitane più sostenibili. I bolognesi sono in generale fortemente digitalizzati (95%) e molto attenti alla sostenibilità (52%). Non solo fanno largo uso di infrastrutture e servizi digitali, ma selezionano i tipi di servizi disponibili sulla base della loro sostenibilità ambientale, economica oppure sociale. I bolognesi mettono infatti al primo posto l’ambiente, al secondo posto il benessere delle persone e al terzo posto il modello economico di sviluppo.
Con una popolazione di oltre 4,2 milioni di abitanti, Roma Capitale si attesta al secondo posto della classifica del Disi City. C’è una forte componente di digitalizzazione fra i romani rispetto alla sostenibilità e, diversamente da Bologna, Roma Capitale vede la fascia di popolazione tra i 25 e i 44 anni, di sesso maschile, utilizzare il digitale in modo anche sostenibile. Anche fra la popolazione di Roma Capitale l’ambiente è la priorità seguita dal benessere delle persone e dal modello economico di sviluppo.
L’area metropolitana di Reggio Calabria (circa mezzo milione di abitanti) è invece risultata essere ultima in classifica generale, ma più attenta alla sostenibilità (48%) che al digitale (40%). Questo dato è in linea con quanto indicato sopra in relazione alla mancanza di infrastrutture e servizi digitali che, se ci fossero, porrebbero Reggio Calabria fra le prime città italiane per sensibilità verso la sostenibilità digitale. Come per Bologna, a Reggio Calabria sono le donne di tutte le età e con un alto titolo di studio a dichiararsi più sensibili ai temi dell’ambiente, del benessere delle persone e del modello economico di sviluppo.
“È interessante notare come, se si analizzano i dati in relazione alla disponibilità di infrastrutture nelle differenti aree del paese e all’uso consapevole della tecnologia in un’ottica di sostenibilità, la popolazione digitale delle città metropolitane più svantaggiate infrastrutturalmente è anche quella più attenta alla sostenibilità”, spiega Epifani. “Ne sono un esempio Catania, così come Bari, Messina, Cagliari, Napoli ed altre, in cui il coefficiente di sostenibili digitali nella popolazione che già utilizza il digitale in modo consapevole e sostenibile è decisamente più alto della media nazionale. Qui, alle competenze digitali devono necessariamente affiancarsi comportamenti sostenibili, nonché la consapevolezza di ciò che è sostenibile e di ciò che non lo è. Serve quindi un importante Piano nazionale di formazione al digitale”.
Pnrr e sviluppo digitale
Emerge, dalla ricerca Disi City, che tra i sostenibili digitali è proprio la sostenibilità ad essere leva di conoscenza del Pnrr.
“Il 64% dei sostenibili digitali e il 74% dei sostenibili analogici conoscono bene il Pnrr. Questo a differenza degli insostenibili analogici, che per il 25% non conoscono affatto il Pnrr e degli insostenibili digitali che per il 30% non lo conoscono affatto. La correlazione tra i due elementi è forte ed evidenzia che l’elemento discriminante tra le due cose è proprio la sostenibilità. Guardando a ciò che sta avvenendo a livello politico nazionale, direi che se si vuole creare consenso attorno al Pnrr, la politica italiana deve necessariamente lavorare sui temi della sostenibilità”, conclude Epifani.
Gli altri dati della ricerca
I dati raccolti nello studio Disi City raccontano di un’Italia metropolitana in cui:
- Solo un cittadino su tre (il 36% del totale) è in grado di comprendere la correlazione tra le visioni “ideologiche” e le loro conseguenze concrete. In altri termini la maggior parte delle persone non è in grado di correlare le convinzioni sulle priorità (ambientali, economiche, sociali) con le scelte strategiche ed i comportamenti che dovrebbero derivare dalle priorità.
- Il 63% dei cittadini dichiara che la tecnologia è “una opportunità per tutti con qualche rischio”. Significativo che a vedere nella tecnologia “prevalentemente un rischio” siano i più giovani nella fascia d’età 16-18 anni ed i più anziani, nella fascia oltre i 54 anni.
- L’inquinamento ed il cambiamento climatico sono temi prioritari per il 70% degli abitanti delle città metropolitane, con le donne più sensibili degli uomini. E sono proprio i più giovani, nella fascia 16-17 anni ad essere meno preoccupati (55% del totale, contro una media del 70% rilevata su tutte le altre fasce anagrafiche).
- Il 61% dei cittadini italiani pensa che la tecnologia produca diseguaglianze, perdita di posti di lavoro ed ingiustizia sociale. Gli uomini più spaventati delle donne (molto d’accordo il 14% degli uomini contro il 10% delle donne), e ben il 49% è abbastanza d’accordo con l’affermazione.
- Il 90% dei cittadini dichiara di volerne sapere di più sulla sostenibilità con significativi scostamenti rispetto al loro livello di consapevolezza.