L’Agenzia Spaziale Italiana e la Nasa realizzeranno il satellite della missione Ixpe che sarà lanciato nel novembre del 2020, con l’obiettivo di effettuare per la prima volta e con dettagli senza precedenti la polarizzazione delle sorgenti celesti che emettono raggi X. È stata siglata oggi nell’ambito dell’Air Show di Le Bourget, il salone dedicato all’aerospazio ospitato vicino Parigi, l’intesa fra l’Asi e la Nasa. Ad apporre le firme sul contratto di partnership il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, e dell’acting administrator della Nasa, Robert M. Lightfoot Junior.
Il satellite Ixpe consentirà di raccogliere moltissimi dati nei 2 anni di missione, aprendo nuove possibilità per le indagini specifiche delle emissioni X da buchi neri in accrescimento, pulsar e stelle di neutroni in sistemi binari. Un riconoscimento importante per l’Agenzia italiana, che lavorerà in tandem con l’ente statunitense in una delle missioni più sfidanti degli ultimi anni.
La Nasa “è lieta di lavorare con l’Asi su questa missione da realizzare su una storia di grande cooperazione tra le nostre agenzie nel settore delle scienze dello spazio – commenta Lightfoot, acting administrator della Nasa -. Auguriamo un grande successo al progetto Ixpe negli anni a venire. Noi desideriamo fortemente mantenere la promessa scientifica di questa eccitante missione spaziale”.
Come si legge in una nota firmata dall’Asi, l’innovazione della missione Ixpe, selezionata dalla Nasa lo scorso gennaio 2017, è nella strumentazione scientifica, che si avvale del fondamentale contribuito italiano costituito da tre Gas Pixel Detectors (Gpd): rivoluzionari dispositivi rivelatori per raggi X, in grado di effettuare delle misure di polarizzazione combinate con la misura di spettro energetico e la realizzazione di immagini e di curve di luce”. Soluzioni che sono frutto dell’attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
Grazie all’Asi, con la missione Ixpe queste tecnologie saranno impiegate per la prima volta in un satellite scientifico, ponendo le basi per nuove importanti scoperte nel campo dell’astrofisica delle alte energie. Il team italiano della missione è a guida Inaf, con il contributo dell’Infn e la collaborazione dell’Università degli Studi Roma Tre per lo sviluppo teorico.