Spending review per tutti. Anche per Agcom

La battaglia sulle spese è a colpi di carte bollate. Ma a prescindere da chi la spunterà bisognerà fare i conti con le risorse finanziarie a disposizione: saranno sufficienti a garantire l’operatività? La rubrica di Guido Scorza

Pubblicato il 16 Set 2016

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La disciplina europea non osta “a una normativa nazionale che assoggetta un’autorità nazionale di regolamentazione, ai sensi della direttiva 2002/21, come modificata dalla direttiva 2009/140, a disposizioni nazionali applicabili in materia di finanza pubblica e, in particolare, a disposizioni sul contenimento e la razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche, quali quelle di cui al procedimento principale.”

Ha risposto così la Corte di Giustizia Ue al Consiglio di Stato italiano che, su istanza dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, nell’ambito del giudizio che vede contrapposta quest’ultima al Governo e all’Istat, le aveva chiesto di verificare se fosse conforme alle regole Ue una disposizione nazionale che assoggetti anche un’Autorità amministrativa indipendente di regolamentazione agli obblighi di contenimento della spesa pubblica previsti per tutte le amministrazioni dello Stato. La ragione del contendere che, nel nostro Paese, ormai da anni vede da una parte l’Agcom e dall’altra, sullo stesso fronte, Palazzo Chigi e l’Istituto nazionale di statistica è rappresentata dall’inserimento dell’Authority presieduta da Angelo Marcello Cardani nel c.d. “elenco Istat” e, per questa via, nell’elenco degli enti e delle amministrazioni soggette – tra gli altri – a tutti gli obblighi di contenimento della spesa pubblica. Una decisione che l’Autorità Garante per le comunicazioni ha, sin dall’inizio, contestato ritenendola lesiva della propria indipendenza e della propria concreta possibilità di adempiere agli obblighi di regolamentazione e vigilanza.

La tesi sulla cui base l’Authotity ha impugnato il provvedimento è che il proprio assoggettamento alle regole della spending review minaccerebbe la propria indipendenza e, soprattutto, la concreta possibilità di far bene il proprio dovere. Tale impostazione, già respinta dal Tar Lazio, non ha fatto breccia neppure nei giudici del Lussemburgo secondo i quali non sussisterebbe, in linea di principio, nessuna ragione per la quale un’Autorità di regolamentazione del settore Tlc dovrebbe essere sottratta a disposizioni nazionali in materia di contenimento della spesa pubblica, trattandosi, al limite, di verificare – valutazione che competerebbe ai giudizi nazionali – se, in concreto, le risorse finanziarie a disposizione di un’Authority siano o meno idonee a consentirle di adempiere efficacemente ai propri compiti istituzionali.

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