Andrà avanti senza ritardi e come previsto il percorso dello Spid-Sistema Pubblico dell’identità digitale: c’è abbastanza tempo infatti, prima dell’avvio- previsto per novembre- per modificare le sole parti annullate dalla sentenza del Tar del Lazio di ieri. Cioè quelle relative ai requisiti del capitale sociale necessari per fare l’identity provider.
E’ ad oggi lo scenario più probabile, a quanto risulta: insomma, un intervento chirurgico e tempestivo, per non cambiare la sostanza della normativa Spid e non accumulare ritardi sull’attuazione.
Questa posizione emerge anche dalla dichiarazione che Antonio Samaritani ha appena pubblicato sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale (di cui è a capo): scrive che la sentenza “non rallenta il percorso per l’attuazione di Spid”. “ll provvedimento del tribunale amministrativo infatti annulla unicamente le prescrizioni relative ai requisiti finanziari richiesti ai privati che intendono candidarsi come identity provider. Agid procederà con la pubblicazione dei regolamenti tecnici che definiscono tempistiche e modalità di attuazione del Sistema Pubblico di Identità Digitale entro la fine di luglio, così come concordato con il Ministro per la funzione pubblica”.
Da Agid fanno sapere che un avvio è fissato per novembre e nel frattempo continueranno le sperimentazioni con gli attuali identity provider (Telecom Italia, Poste Italiane, Infocert). In questa fase quindi la sentenza del Tar del Lazio non ha un impatto pratico, dato che riguarda i requisiti per diventare identity provider al momento dell’avvio dello Spid.
Spetta comunque a Funzione Pubblica trovare una soluzione, prima che termini la sperimentazione. Una ipotesi è un decreto ad hoc contenente nuovi requisiti di capitale sociale, meno restrittivi di quelli (5 milioni di euro) annullati dal Tar. Oppure la modifica potrebbe rientrare del decreto legge di riforma del Cad, adesso in corso. In ogni caso, è possibile che il legislatore introduca requisiti di tipo diverso (tecnici), per compensare un limite di capitale sociale meno restrittivo.
Al momento, nessuna decisione è stata presa. Lo scenario più probabile è però che i nuovi requisiti apriranno la porta agli internet provider (sono questi infatti che hanno fatto ricorso al Tar), cioè a soggetti minori; ma vorranno comunque stabilire criteri tecnici per includere nel ruolo di identity provider solo coloro che hanno le caratteristiche di affidabilità sufficienti a svolgere un compito così delicato come gestire le identità dei cittadini.
Sullo sfondo, resta però incerta una questione fondamentale: se fare l’identity provider sia o no un business interessante. I provider hanno fatto ricorso per non essere esclusi da questo potenziale mercato, di cui però non è ancora chiaro il valore. E se ci sia un valore, tutto sommato. A quanto risulta, ne dubitano gli stessi sperimentatori attuali. Tanto che Agid ha commissionato agli osservatori del Politecnico di Milano il compito di costruire un possibile modello di business per gli identity provider, a rassicurare gli scettici. Il dubbio resta ed è anche possibile che si scoprirà infondato lo stesso casus belli da cui è partita la battaglia al Tar sullo Spid.