Amore-odio. O forse un braccio di ferro a tutto campo, di cui noi vediamo solo la piccola parte pubblica: il rapporto tra il Ceo della più grande corporation d’America e il mercuriale presidente degli Stati Uniti non potrebbe essere più singolare e contraddittorio. Donald Trump esterna usando Twitter, di preferenza dal divano del suo salotto alla Casa Bianca, e non si è risparmiato neanche questa volta: ha dichiarato sul social minimalista che Apple “sta spendendo enormi somme di denaro negli Usa” e che lui andrà a cena con il Ceo, Tim Cook.
Forse la cena è un premio, forse è una minaccia o forse una richiesta di marketing, oppure un momento di negoziazione importante: con Trump è difficile decodificare sino in fondo il senso delle sue esternazioni, anche perché per altri versi Tim Cook è stato particolarmente duro e coerente nei confronti dell’amministrazione Trump, opponendosi alle tasse sulle importazioni dalla Cina e vari altri aspetti delle scelte e della cultura da cui proviene la base elettorale di Trump.
L’invito-affermazione di Trump (difficile dire di no a una “convocazione” a cena con il Presidente degli Stati Uniti, in effetti) porterà Cook a cena con Trump e signora, la First Lady Ivana Knauss in Trump dal 2005. Non è tuttavia la prima volta che Cook cena con i due. Proprio la First Lady, o più probabilmente il suo staff, aveva twittato della cena con Cook al golf club di Trump a Bedminster nel New Jersey, lodando il lavoro che il Ceo di Apple sta portando avanti, con investimenti e innovazioni potenzialmente positivi per l’economia americana. E ci sono varie indiscrezioni su altre cene che si sono svolte nel corso di quest’anno, probabilmente mai rese pubbliche perché veri e propri bracci di ferro nei quali decidere cosa tassare e cosa no, cosa produrre negli Usa e cosa no, quali pressioni esercitare su uno dei più grandi business americani che solo negli Usa nel corso del 2019 ha speso 60 miliari di dollari presso 9000 diversi fornitori creando in pratica 2,4 milioni di posti di lavoro indiretti,
Apple è da tempo coinvolta in un braccio di ferro con l’amministrazione Trump per cercare di evitare le tariffe sui beni che vengono prodotti in Cina per conto dell’azienda americana. Trump ha più volte richiesto che Apple tornasse a produrre in America e ha anche annunciato che l’azienda lo stava in qualche modo facendo, nonostante sia invece stato chiuso il centro di produzione dei Mac Pro negli Usa e che Cook abbia chiesto ai suoi terzisti taiwanesi di spostare la fase finale delle produzioni (quelle dove viene apposta l’etichetta del “Made in”) dalla Cina ad altre regioni del mondo, dal Brasile al Vietnam.