Durante il lockdown gli eSport hanno vissuto un momento di grande popolarità: le persone bloccare in casa dall’emergenza Covid-19 infatti hanno eletto i videogiochi a carattere sportivo come uno dei loro passatempi preferiti, soprattutto tra i giovani. Ma quello degli eSposrt non è stato l’unico modo in cui il mondo dello sport è entrato nelle case degli italiani. Le associazioni sportive infatti, a partire dalle palestre, hanno utilizzato il periodo di chiusura per rimanere in contatto con i propri utenti tramite supporti digitali, con lezioni e tutorial, in attesa di poter riaprire le porte al pubblico.
A rendere evidente questa tendenza sono due studi recenti: il primo “Let’s Play! 2020 – The European eSport market”, realizzato da Deloitte e pubblicato in collaborazione con Interactive Software Federation of Europe (Isfe) e Game, l’associazione dell’industria tedesca dei giochi. La ricerca dimostra che gli e.Sport, quindi ossia i videogame giocati in squadre o singolarmente a livello competitivo all’interno di campionati o tornei, stanno vivendo un momento di crescita impetuosa, che non si è fermato nemmeno durante l’emergenza sanitaria. Il secondo, pubblicato dal centro studi di Sport e Salute, sottolinea invece come durante il lockdown ben il 69% delle organizzazioni sportive abbia predisposto una qualche offerta online per i propri iscritti, ma soltanto il 7% si è spinto verso l’offerta di un servizio a pagamento.
Gli eSport escono dalla nicchia
Secondo i dati pubblicati da Deloitte nel 2019 il pubblico globale degli eSport è cresciuto del 12%, arrivando a raggiungere circa 443 milioni di persone in tutto il mondo. Questo ha portato a un aumento dei ricavi per il 77% delle organizzazioni del settore, mentre gli utenti spagnoli e italiani sono in cima alla classifica degli appassionati di questa forma di intrattenimento, le persone cioè che amano non soltanto giocare, ma anche guardare le competizioni. Focalizzando poi l’attenzione sul periodo di lockdown, gli eSport registrato un importante aumento di pubblico, con picchi ancora una volta in Spagna e in Italia, dove tre intervistati su cinque hanno dichiarato di aver fruito maggiormente di contenuti eSport rispetto a prima della pandemia. Quanto ai veri e propri “giocatori”, più della metà degli intervistati in Italia e Spagna afferma di aver giocato più partite di eSport dall’introduzione delle restrizioni Covid-19, mentre negli altri paesi, questa quota è compresa tra il 30% e il 38%. Sono le principali evidenze della ricerca che è stata condotta nel mese di giugno e che ha coinvolto un campione di 12mila consumatori in otto Paesi europei: Italia, Belgio, Germania, Ungheria, Spagna, Svizzera, Repubblica Ceca e Paesi Bassi. Oltre all’analisi sui consumatori lo studio ha anche preso in considerazione più da vicino il parere degli addetti ai lavori, per arrivare a restituire una fotografia attendibile di tutte le aree ddegli eSport, dagli eventi ai campionati, dalle squadre ai media, dalle piattaforme online agli editori e ai partner strategici.
“Per le aziende non endemiche, gli eSport rappresentano una reale opportunità per entrare in contatto con un ricercatissimo target di clienti della Generazione Z – afferma Andrea Laurenza, Partner Deloitte, Leader dell’Industry TMT (Technology, Media & Telecommunication) – Queste società stanno iniziando a riconoscere l’impatto che hanno gli eSport sui giovani. Dall’altro lato, le organizzazioni di eSport che riescono a instaurare rapporti di successo con aziende esterne all’ecosistema, possono trovare partner finanziariamente robusti e con un forte appeal. Per questo motivo, gli esperti del mercato considerano l’aumento delle attività di tali brand come il secondo principale motore per la crescita futura del settore, oltre all’ampliamento del numero di spettatori”.
Ma l’aumento di spettatori e giocatori registrato durante il lockdown non si traduce automaticamente in una crescita del volume d’affari, e questa è una delle criticità che il settore sta affrontando. “Un aumento del consumo di eSport non può essere tradotto direttamente in una crescita dei ricavi – prosegue Laurenza – Le conseguenze economiche della pandemia variano notevolmente per i diversi segmenti all’interno dell’ecosistema degli eSport: alcune organizzazioni sono state in grado di adattare il loro modello di business alle nuove circostanze, mentre altre sono state costrette a chiudere temporaneamente le loro attività”. “Finora, soprattutto rispetto ad altri segmenti dell’industria dello sport e dell’intrattenimento, gli eSport hanno affrontato la crisi creando vantaggi per i fan e i diversi stakeholder, grazie al carattere dinamico e innovativo che li contraddistingue – conclude – A colpo d’occhio, le aspettative che gli eSport possano emergere come apripista dalla crisi non sembrano inverosimili, poiché molte competizioni sono continuate in formati puramente virtuali quando sono state introdotte le restrizioni governative. Allo stesso tempo, però, l’aumento significativo degli spettatori digitali è in parte contrastato da forti perdite nell’area ticketing e sponsorizzazioni, poiché gli eventi fisici sono stati cancellati o posticipati. Sarà quindi interessante osservare se il mercato degli eSport continuerà a crescere nel medio e lungo termine nonostante, o forse anche a causa, della pandemia Covid-19”.
Le associazioni sportive sposano il digitale
Lo studio realizzato da Sport e salute in collaborazione con Swg restituisce invece un quadro interessante di come le associazioni sportive abbiano affrontato il tema dello sviluppo digitale durante il lockdown. Ne è emerso, come dicevamo, che durante il lockdown ben il 69% delle organizzazioni sportive ha predisposto una qualche offerta online per i propri iscritti, ma soltanto il 7% si è spinto verso l’offerta di un servizio a pagamento. Alla riapertura si è però accompagnata una progressiva riduzione dei servizi online rivolti agli iscritti (-27%) che si prevede continuerà a ottobre. Il 74% deli attuatori di servizi online, inoltre, si è servito di piattaforme di video-conference, seguite dai social, mentre risulta minoritario l’impiego di app e siti proprietari. Quasi la metà delle organizzazioni, inoltre, esprime bisogno di formazione digitale e, nonostante le poco rosee prospettive, si dice disposta a investire sul digitale.