“Noi vogliamo far diventare l’Italia più amica delle start–up, aziende innovative che non sempre sono state aiutate nel nostro Paese. Abbiamo analizzato i casi più interessanti in giro per il mondo, coinvolgendo incubatori e acceleratori, ne è uscito un decreto legge dedicato alle nuove imprese innovative, con poca burocrazia, costi inesistenti e contratto di lavoro disegnato sulle esigenze di aziende che nascono, quindi massima flessibilità, possibilità di coinvolgere i collaboratori nel capitale delle società’. Lo ha ricordato il ministro dello sviluppo economico Corrado Passera in un messaggio al Forum Eurasiatico in corso a Verona.
Il ministro ha spiegato quindi che “la crescita passa per la creazione di nuove imprese innovative, e l’Italia si è messa in linea con paesi più amici delle nuove imprese”.
L’Italiaè però ancora indietro sia per numero di startup che nascono ogni anno sia per ammontare di investimenti ricevuti. Con Stati Uniti e Israele in testa, in Italia si investe in startup un settimo rispetto alla Francia, un quinto rispetto alla Germania e al Regno Unito e la metà rispetto ai paesi del nord con Pil molto inferiori a quello italiano. Il quadro emerge da una ricerca Osservatorio startup del Politecnico di Milano, secondo cui il 50% degli investimenti nel settore riguarda l’Ict.
Entrando nel dettaglio nel 2011 le operazioni di investimento in startup Ict in Italia sono state 44 (il 41%, è stato fatto da incubatori, il 39% da venture capital) per circa 27 milioni di euro. I primi 9 mesi del 2012 hanno confermato questo trend: 29 operazioni per circa 20 milioni di euro. Quasi il 50% delle operazioni fatte sono relative al comparto Mobile (20 investimenti su 44 nel 2011 e 13 investimenti su 29 nei primi 9 mesi del 2012), mercato nel quale l’Italia ricopre una posizione di leadership a livello internazionale (con una penetrazione degli smartphone e della banda larga mobile molto elevata).
In sintesi, il comparto Ict – e Mobile in particolare – dimostra una dinamicità estremamente interessante e la presenza di alcuni casi virtuosi che stanno registrando una forte attenzione a livello internazionale. Le startup, infatti, contribuiscono alla crescita economica di un paese sia in maniera diretta che attraverso l’innovazione con la quale contribuiscono al miglioramento della produttività, dell’innovatività e della competitività delle imprese tradizionali, potenziandone le performance.
“Ma per riuscire ad avviare il nostro paese inerziale nella direzione giusta, occorre creare un ecosistema in grado di generare un circolo virtuoso tra le sue diverse componenti: sistema formativo/universitario, sistema di comunicazione/media, sistema finanziario, sistema politico – afferma Andrea Rangone, Coordinatore degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano – Intanto, senza pretendere di fornire soluzioni semplici a problemi complessi, penso si possa cominciare dalla creazione di distretti di startup, cioè concentrazioni territoriali di nuove imprese che consentano di creare quelle dinamiche di cross-fertilizzazione, contaminazione culturale e scambio di conoscenze che sono state alla base del successo dei nostri distretti industriali e, quindi, del nostro boom economico del secolo scorso”.
Sulla base di una critica trasposizione di alcune ricerche internazionali, l’Osservatorio sulle startup del Politecnico di Milano stima che se venissero immessi nelle nuove imprese 300 milioni di euro per investimenti seed si potrebbe avere, entro un decennio, un impatto sul Pil di circa 3 miliardi di euro (pari allo 0,2% circa).