LA PROPOSTA

Startup, emendamento 5Stelle al Sostegni bis per il ritorno alla costituzione online

A firma del deputato Luca Carabetta, prevede anche che le società costituite dopo la sentenza del Consiglio di Stato siano considerate legittime

Pubblicato il 08 Giu 2021

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Ripristino della modalità di sostituzione online delle startup e validità di quelle costituite via web dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Sono i due pilastri dell’emendamento presentato dal deputato 5 Stelle, Luca Carabetta, al Dl Sostegni bis per risolvere la questione nata dopo la decisione della magistratura amministrativa che, nella pratica, abolisce la possibilità di costituire via web e con procedura semplificata le imprese innovative.

Due le modalità previste dall’emendamento Carabetta:

  • atto pubblico notarile, anche informatico ovvero telematico, senza la presenza fisica delle parti quando c’è collegamento con il notaio tramite piattaforma web che consenta la videconferenza e con apposizione di firma digitale:
  • procedura  telematica che, previa identificazione  elettronica del richiedente, consenta la redazione dell’atto costitutivo mediante scrittura informatica privata.

La proposta emendativa allarga la possibilità di costituzione online anche alle società Srl e Srls con opzionalità notaio/senza notaio.

Sono assicurati i controlli di legalità e in materia di antiriciclaggio e il conferimento ai conservatori del Registro Imprese i poteri di controllo amministrativo.

Viene infine confermata la legittimità delle società innovative costituite prima della sentenza del Consiglio di Stato.

Cosa prevede la sentenza del Consiglio di Stato

La sentenza della massima Giustizia amministrativa stabilisce che, fino a nuovo intervento legislativo, le startup italiane non potranno più costituirsi gratuitamente online e dovranno sottostare ai precedenti adempimenti burocaratici previsti per la altre imprese.

Il Consiglio di Stato ribalta dunque la sentenza del Tar del Lazio che aveva respinto le ragioni dei notai e accolto quelle del Mise e dell’associazione Roma Startup.

Secondo il Consiglio di Stato “il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria”.

In questo senso la sentenza ricorda che in base all’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE “in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico”.

E’ evidente che, in base alla disposizione comunitaria – per il Consiglio di Stato – l’atto costitutivo e lo statuto delle società e le loro modifiche possono non rivestire la forma dell’atto pubblico se la legislazione prevede, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario.

Altro punto saliente riguarda il ruolo del Registro delle Imprese: il Consiglio di Stato ha stabilito che  il decreto del Mise abbia illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli dell’Ufficio del Registro dell’imprese, “senza un’adeguata copertura legislativa che autorizzasse tale innovazione (circa il rapporto tra l’atto impugnato e la legge che ne ha previsto l’emanazione valgono le considerazione già espresse a proposito del primo motivo di appello); di conseguenza, alla luce della natura del controllo effettuato dall’Ufficio del Registro nel nostro ordinamento, così come innanzi delineato, non appaiono infondati i dubbi dell’appellante circa la possibilità di ovviare alla modalità tradizionali di costituzione delle società, pena il concreto rischio di porsi in contrasto con la Direttiva citata”.

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